Il Sindacato nella vita del Paese. Il discorso di Pastore in occasione della fondazione della CISL settantadue anni fa.

Pubblichiamo, nella giornata in cui si celebra la Festa dei Lavoratori, il discorso tenuto da Giulio Pastore (uomo politico cattolico e fondatore della CISL – Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori) all’Assemblea Costitutiva della CISL il 30 aprile 1950 e ripreso sul numero 18 di “Conquiste del Lavoro” del 7 maggio 1950.

Il lavoro condotto per alcuni mesi, dai dirigenti centrali e periferici dei tre organismi che oggi si unificano non poteva trovare per la sua felice conclusione, giorno migliore del primo maggio, festa del lavoro.

Vi è in questa coincidenza di date un auspicio; se è vero, come è vero, che il primo maggio rappresenta l’annuale rassegna delle conquiste che la classe lavoratrice realizza, possiamo ben affermare che questa nostra Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori costituisce una vitale conquista. Dovrei parlarvi di un programma, ma voi avete già ascoltato dalla viva voce dei colleghi la sostanza di questo programma. È indubbio che la CISL nasce in un’ora perigliosa per il mondo. Affermare oggi in Italia che la classe lavoratrice si batte per il pane, non è certamente un modo di dire. Chi nei contrasti sociali mostra di resistere alle rivendicazioni dei lavoratori indicando come slogan questa diuturna affermazione dei sindacalisti, sa di errare o comunque sa di essere fuori della realtà. Anche se molto cammino è stato percorso nel nostro paese, sul piano della ripresa economica, e noi ne diamo volentieri atto, resta pur sempre come dolorosa realtà la crisi che investe oggi tutta la nostra economia.

Amici lavoratori, in questo momento vada il nostro pensiero solidale ai lavoratori disoccupati che sono al centro di questa crisi, alle centinaia di migliaia di pensionati il cui reddito risulta falcidiato dalla depressione economica e finanziaria che ha colpito il nostro paese. È sempre possibile parlare ai lavoratori che hanno la fortuna di avere una possibilità di lavoro; ma è indubbiamente difficile parlare a coloro che questa fortuna non hanno. Noi desideriamo, come primo atto della nostra Confederazione democratica, manifestare vivo il proposito di fraterna solidarietà verso i fratelli disoccupati e pensionati. 

La crisi permane non è uno slogan. Coloro che si occupano di economia e di lavoro conoscono l’infinita serie di contrazioni nelle possibilità di lavoro: riduzioni di orari, licenziamenti. Sindacalisti, nei vostri centri, piccoli o grandi non importa, voi siete testimoni del perdurare di tali eventi, per resistere ai quali siete giornalmente impegnati in una dura battaglia. Del resto per rilevare la pesantezza dell’economia italiana basta scorrere i giornali e le riviste, comprese quelle che non traggono alcuna ispirazione dai lavoratori, basta avere contatti con chi dirige oggi la vita economica del paese; è permanente la denuncia per un’economia che non sa rifarsi. Ecco perché la Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori non esita a schierarsi con quella parte di pubblica opinione che afferma l’esigenza di una maggiore produttività. Siamo freschi di un dibattito in ordine agli indirizzi di politica economica del governo. Sono intervenuti elementi di margine in questo dibattito e non sono valsi a distogliere l’attenzione dell’intero popolo dalla realtà di questo problema. Finanche il governo ha dovuto soggiacere ad una crisi e se anche ad un certo momento sembra doversi dare ad essa una giustificazione di rapporti interni tra partiti componenti la compagine governativa, in verità è apparsa chiaramente come il risultato la pesantezza dell’economia nel nostro paese. In questo dibattito noi prendiamo decisamente la posizione dei produttivisti. 

Noi chiederemo e premeremo con tutte le nostre forze perché divenga una realtà la politica di investimenti privati e pubblici che da molte parti è stata richiesta. Lotteremo contro il troppo facile trasferimento di capitali all’estero; gli organi governativi che presiedono alla politica finanziaria del paese, sanno che gli evasori sono una realtà: è pertanto loro dovere dar luogo ad energici, a fermi e preventivi interventi contro coloro che puntano allontanare le loro possibilità economiche dagli investimenti nell’economia del nostro paese. Noi siamo contro i tesaurizzatori e gli esportatori del denaro. Noi non esitiamo a definire costoro come traditori della patria e degli interessi del paese. 

Dalla crisi governativa è venuto fuori un programma. Ebbene noi prendiamo atto di quel programma e soprattutto prendiamo atto che finalmente, svincolandosi da strumenti che fino ad oggi erano preposti all’impiego dei mezzi finanziari messi a disposizione del Mezzogiorno, si è dato luogo ad una iniziativa che consideriamo come strumento di progresso e di garanzia. V’è ora da sperare che il denaro che si spende per il Mezzogiorno non andrà più al servizio di particolari interessi, ma conseguirà scopi prettamente sociali, a favore di quei nostri lavoratori. Il governo deve vigilare: se è vero che un programma c’è, seppure minimo, se è vero che tale programma ha già acquisito la forma tecnica dei provvedimenti di legge, bisogna nulla tralasciare perché sia tradotto nella realtà dei fatti…

Lavoratori, l’ora è delicata anche sul piano internazionale; ci sono troppe frontiere politiche che si riscaldano. Abbiamo creduto per alcuni mesi, dinanzi allo spettacolo delle distruzioni della guerra ed ai lutti delle nostre case, di fronte allo sconquasso di questo nostro paese e dell’Europa, abbiamo creduto che  veramente la guerra potesse considerarsi bandita dal consesso civile. Amici, altra delusione. Ci sono frontiere che si riscaldano, frontiere economiche che resistono. L’ultima guerra ha almeno permesso che si riaccendesse nel cuore degli uomini il sentimento della solidarietà. Si è così avuto un movimento verso l’unità europea ed io credo che quest’assemblea possa proclamare la sua piena adesione a questo obiettivo. Noi siamo per l’unità europea perché i lavoratori hanno istintivamente una visione contraria a qualsiasi impostazione di sapore nazionalistico. E siamo anche per un abbassamento delle frontiere economiche, anche se non ci nascondiamo i rischi che possono derivare ai paesi poveri da una liberalizzazione degli scambi. Tuttavia non crediamo possibile frenare il naturale orientamento dell’Europa verso un allargamento dei commerci, anche perché abbiamo la convinzione che da ciò non potrà che derivarne vantaggio per il popolo che lavora…

Lavoratori, di fronte ai cavilli politici o giuridici che ritardano l’unità europea sul piano politico vale la pena di affermare che permettere ai lavoratori di liberamente circolare nel mondo, è il solo mezzo per determinare la necessaria reciproca comprensione tra paese e paese. Il lavoratore è sempre messaggero di fraternità, di solidarietà, di pace. Ecco adunque il nostro programma ed ecco i nostri obiettivi. In una parola noi vogliamo donare sicurezza ai lavoratori… 

Esistono questi fenomeni e li abbiamo più volte denunciati. Ma non v’è alcun dubbio che il maggiore problema resta sempre quello di vincere i mercati internazionali. Ecco perchè il comandamento di una più alta produttività deve essere anche nostro: è questa certamente una delle strade che portano a vincere la battaglia dei costi. Non dobbiamo perdere le poche possibilità di lavoro poiché, amici, non si tratta solo di trovare lavoro ai disoccupati, ma si tratta di difendere quel poco lavoro che ancora abbiamo. Dobbiamo dunque trovare ad ogni costo nuovi strumenti, nuove possibilità di lavoro ed è in questo senso che la nostra impostazione si differenzia dall’indirizzo sindacale comunista…

Cerchiamo di riassumerle queste caratteristiche della nuova Confederazione. Innanzi tutto unità nella indipendenza. Entri questo fondamentale principio nel cuore di ciascuno di voi. Un giornale di Roma ha scritto che in Italia non c’è alternativa in campo sindacale sostenendo che l’Italia si è soltanto il sindacalismo comunista. La fonte è tale che non fa onore ai sindacalisti comunisti. Con tale perentoria affermazione si vorrebbe accreditare l’insinuazione che i sindacati democratici sono privi di una loro linea e di un loro indirizzo e proprio perché andiamo proclamando la nostra indipendenza dalle ideologie e dalla politica. Ebbene è questa l’occasione propizia per riaffermare che essere noi fuori dalla politica dei partiti, non vuol significare che manchiamo di un nostro indirizzo che può anche essere chiamato politico purché si riferisca ad una politica del lavoro, cioè a dire ad una politica che unisce i lavoratori e non ad una politica che li divida. E qui lasciatemi rilevare che questa nostra proclamata Indipendenza ci costa non poco in quanto suscita diffidenza negli stessi Partiti democratici… 

La nostra forza non è frutto di coercizione politica: ma deriva da un accorrere spontaneo e volontario dei lavoratori che esattamente credono nella indipendenza… 

E qui è la seconda caratteristica della CISL che si afferma: mi riferisco al pieno diritto delle categorie all’autogoverno. Nessun vincolo porrà la CISL alle categorie; si chiameranno come vorranno e tratteranno i loro problemi come vorranno. Questo è il nostro metodo: le categorie deboli debbono saper fare da sole; alla Confederazione verranno soltanto quando avvertiranno il bisogno di un consiglio, oppure necessiteranno della solidarietà operante delle altre categorie…

Stamani abbiamo visto molte bandiere tricolori e soltanto bandiere tricolori. Abbiamo sentito gli inni nazionali: non è ostentazione. Nessuno pensi che si voglia fare del nazionalismo; nel tono della nostra manifestazione abbiamo voluto dimostrare che noi vogliamo recare nell’azione la nostra massima comprensione per gli interessi del paese. Del resto, amici, non è difficile innalzare questa bandiera in nome dei lavoratori: l’Italia è un paese proletario, identificare gli interessi di chi lavora con gli interessi del paese è tener fede al comandamento di ogni autentico sindacalista che vive per difendere gli interessi dei lavoratori…

Amici, nella mozione votata vi sono dei magnifici principi. Includeremo anche questa promessa affinché nella nuova Confederazione nulla ci divida; nel suo seno siamo tutti sullo stesso piano. E permettetemi ora di dire a me ed a voi di non essere superficiali. Si è creduto dopo la liberazione che fare il sindacalista fosse una cosa facile; l’esperienza ha dimostrato il contrario. Ricordiamoci che non si risolvono i problemi con una infarinatura di nozioni. Lo so, studiare costa, costa molto. Ma il fine per cui operiamo è così nobile che non ci deve far paura il sacrificio. 

Ed ora una parola per i troppi lavoratori assenti dal sindacato: ci sono gli sfiduciati, gli egoisti, i traditi, soprattutto i traditi illusi. Ebbene volgiamo il nostro occhio a loro: sviluppiamo una intensa opera di proselitismo, di conquista, di formazione. Deve finire la mortificazione di un proletariato che non vuol capire che soltanto il sindacato gli renderà giustizia. Parliamo ai lavoratori il linguaggio dell’amore. 

La Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori vuole inaugurare questa politica dell’amore, e verso tutti, anche verso coloro che una predicazione d’odio ha posti contro di noi. Soltanto così, lavoratori e sindacalisti, adempiremo a tutto il nostro dovere; soltanto così faremo un sindacato forte. E sarà il sindacato forte, libero e democratico che realizzerà per i lavoratori la giustizia, soltanto il sindacato forte presidierà la libertà, soltanto il sindacato libero forte e democratico, formerà la base di una sicura pace.

 

Un ringraziamento particolare a Francesco Marcorelli per il contributo dato alla riproposizione di questo discorso. Egli, del resto, può vantare una specifica conoscenza del tema essendo l’autore di Giulio Pastore e il Nuovo Osservatore. Storia di un uomo e di una rivista che hanno cambiato il cattolicesimo politico italiano, Emia edizioni. Il libro è presente sulle principali piattaforme digitali (Amazon, Ibs, ecc…)