Il vertice Italia-Egitto nell’ottica di Ue e Brics

La visita in Egitto di Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen ha molteplici obiettivi e si inserisce nel contesto più ampio delle dinamiche in corso nel mondo attuale.

Nonostante il fatto che l’attenzione dell’opinione pubblica sia rivolta soprattutto all’immigrazione, questo tema, pur prioritario, non può costituire l’unica chiave di lettura della visita di oggi, 17 marzo, al Cairo della presidente del Consiglio italiano e di una delegazione europea, guidata dallla presidente della Commissione Europea. 

Si tratta, infatti, di un vertice che ha molteplici obiettivi e che si inserisce nel contesto più ampio delle dinamiche in corso nel mondo attuale. L’Egitto è lo stato che si affaccia sul Mediterraneo con i maggiori problemi a tutti i suoi confini terrestri. A Ovest con una Libia, destabilizzata dall’improvvido intervento armato di alcuni Paesi occidentali iniziato 13 anni fa, il 19 marzo 2011. A Sud con un Sudan alle prese con una guerra civile che ha provocato l’afflusso in Egitto di circa 9 milioni di profughi. E ad Est, con Israele e con il territorio più martoriato del futuro stato di Palestina, la Striscia di Gaza.

Cionostante l’Egitto è anche una potenza emergente, con un tasso di crescita demografica tre volte superiore a quelli dei Paesi europei. Ed è il Paese mediterraneo espressione del Coordinamento Brics dal primo gennaio scorso, cosa che ne ha aumentato il peso a livello internazionale e che consiglia di leggere la visita della Meloni e della von del Leyen al Cairo innanzitutto in funzione del recupero di una iniziativa politica europea verso la sponda Sud del Mediterraneo, a fronte di un attivismo dei Paesi Brics, che ha tempi e numeri incomparabili ormai con quelli possibili all’Europa. Dopo l’adesione a questa associazione di Paesi che rappresenta il 45% della popolazione mondiale, l’Egitto ha ulteriormente rafforzato le relazioni con gli  gli Emirati Arabi Uniti, altro fresco membro Brics, dal quale ha ottenuto il mese scorso il più grande pacchetto di investimenti diretti esteri della sua storia: 35 miliardi che cambieranno la fisionomia dell’area costiera nord-occidentale dell’Egitto di Ras Al Hekma, trasformandola in un enorme polo turistico.

Ma ancora più pieno di ripercussioni sull’Europa, è il progetto della creazione di una zona industriale cinese sulla costa mediterranea egiziana, in aggiunta a quella già esistente a Ain Sokhna sul Golfo di Suez, con un maggiore trasferimento di competenze e tecnologie avanzate cinesi all’economia egiziana. Si tratta del primo progetto dell’Egitto come membro dei Brics in grado di attirare nuovi e ingenti investimenti sul mercato egiziano e nel contempo in grado di offrire alla Cina nuovi sbocchi, alternativi o aggiuntivi alla Via della Seta, in Nord Africa e verso l’Europa.

Dunque, se si considera un tale contesto, emerge che la visita odierna al Cairo nel duplice livello nazionale e comunitario si propone innanzitutto di rafforzare il partenariato italo-egiziano nel quadro di cooperazione e di sviluppo del Piano Mattei, e si inserisce a pieno titolo nelle relazioni tra Unione Europea e Brics nel quadro di un nuovo e inedito multilateralismo, nel quale l’Europa può esercitare il proprio ruolo su dossier come energia, ambiente, migrazioni, investimenti per lo sviluppo, sicurezza.

Ecco perché il fuoco di sbarramento che a Bruxelles come a Roma, è stato lanciato verso questo vertice italiano e europeo con l’Egitto da parte di alcuni settori della sinistra, appare discutibile nonostante la validità di alcune ragioni che lo hanno ispirato, segnatamente quelle riguardanti i diritti umani. Se usato in modo distorto il tema dei diritti, può portare a un peggioramento delle condizioni, come purtroppo ci ha insegnato la vicenda della Libia, con un caos, che in seguito al piano delle primavere arabe, ha rischiato a suo tempo di travolgere anche l’Egitto, se l’esercito non si fosse mostrato come la spina dorsale di quel Paese, evitando una deriva nel caos. Quando si valuta la situazione di Paesi profondamente diversi da quelli occidentali come l’Egitto, occorre non perdere di vista il concreto bene comune possibile in relazione alla situazione data. L’etica della responsabilità è la cifra con cui guardare al nuovo mondo che si sta formando, anche sulle rive del Mediterraneo, al posto di uno spocchioso atteggiamento da dispensatori di pagelle che non aiuta chi le compila e non aiuta le popolazioni dei Paesi oggetto di tali valutazioni.