Il Mediterraneo, gli immigrati e il pallottoliere infinito.

Il mare è traditore, non è più nostrum ma mostrum, è adesso un mare amaro, è marmo gelido che trema al contatto di morti dalla pelle fredda che, malgrado tutto, ancora trema intirizzita.

Ci sono Direttori Generali e Direttori Generali. Quello del quotidiano Daily Planet di Metropolis, come Perry White, assegnava a Clark Kent, alias Superman, i pezzi da fare. Ci sono altri che hanno stile diverso. White, uomo in carriera, agli esordi è un cronista dei valori della giustizia e della verità. Riesce persino ad eludere le pressioni del suo editore, mantenendo sempre una sua ferma autonomia. Invece oggi la scena potrebbe essere quella di un disincantato Capo Redattore che, imprecando, urla ad un suo giornalista di buttare giù ad ogni costo un pezzo, uno qualsiasi, pur sapendo che non frega niente a nessuno e che comunque, per buona immagine del giornale, si deve fare. 

Sa perfettamente che resteranno parole inamidate senza che lo sguardo di un lettore possa in alcun modo stropicciarle. All’opposizione del poveretto, intima al suo giornalista di provare ad inventarsi qualcosa di diverso per uscire dal tunnel della ovvietà di parole, tipiche della circostanza. Il povero redattore, semmai fosse in grado di provvedere questa volta al comando, è già preso dall’ansia di un nuovo articolo ancora, da qui a breve, da dover imbastire. La stagione è propizia perché i barconi di immigrati possano riprendere le rotte della speranza e di farla finita, bene o male che vada. 

La fantasia sta morendo insieme ai profughi che rivendicano almeno il diritto di cronaca. Ogni giorno bisogna escogitarne una per venire a capo di un racconto che non ha nulla di dissimile da fatti precedenti su cui si è già detto tutto. Ci vorrebbe Superman o l’intelligenza artificiale per mettere un po’ di sale nuovo in una minestra che ha stufato già da tempo.

Di poca consolazione è sapere che, come sembra, oggi siano preferiti gli esodi dal Senegal puntando verso le Canarie, appena 800 chilometri di onde da fronteggiare, visto che non è più appetibile, anche se più breve, il Mediterraneo centrale – ed esso, quindi, potrà prendere un po’ di respiro e perdere il suo primato gravitazionale di tante morti in ammollo.

Il Governo tunisino respinge verso il deserto chi è in cerca di fortuna e di terra promessa, ecco la causa di sentieri nuovi da battere. La scelta potrebbe essere quella di oscurare del tutto un fatto che è ormai indifferente o, peggio, muove un po’ a noia. Si sa: non si può pretendere che la notizia del sole che sorge ogni giorno dia, per ogni dove, uno scossone con effetti da sbandierare in lungo e in largo. Il cronista è in difficoltà, scrive senza credere ad un lettore che lo assecondi. 

Sono morti 60 immigrati, un’altra ventina si sono salvati. Inutile aggiungere precisione alla morte che ne ha già del suo, almeno quanto a risolutezza. Non li hanno trovati perché stecchiti di sete e di fame dopo una settimana di navigazione, ustionati dal sole e forse dai motori: i sopravvissuti li hanno buttati in acqua, liberandosi di un macabro fardello. Ragioni igieniche hanno suggerito di farlo. In aggiunta, un dolore a corto di idee ha condiviso l’iniziativa per togliersi dagli occhi uno spettacolo di decomposizione anche del suo cuore, mai abituato alla sua indole di strazio.

Malgrado la pulizia, anche i sopravvissuti si sono alterati, trasformandosi in altro dalla partenza. Lo spirito ha sembianze ora deformi. Dovremmo credere che siano restati impassibili, concentrati solo nella salvezza che li ha resi ciechi del resto che li ha circondati, ma non è stato così. 

Sono stati sfregiati per sempre dalla morte che li ha tenuti crudelmente in piedi, dopo averli attraversati, perché possano ammirare lo scempio che ha fatto ai compagni di avventura, ora gettati a far peso sui fluttui che ne sopportano malvolentieri l’olezzo.

Ci vorrebbe qualcosa di macabro per dare risalto alle righe che scrive il nostro giornalista dalla testa inevitabilmente spenta e rassegnata. Risulta che nessuno squalo ha fatto banchetto sotto gli occhi degli astanti, non è corso sangue a più non posso, non c’è stata una balena con cui pigliarsela. Non ci sono uomini contro la forza brutale della natura ma uomini contro loro stessi, chi dalla parte dei forti e chi in quella dei deboli, chi opprime e chi scappa.

Forse potrebbe attaccare il pezzo ricorrendo ad una formula giuridica e notarile medievale usata, ad esempio, al momento dell’apertura di un testamento: ”Essendo il cadavere presente…”, ma non funzionerebbe. I corpi sono stati gettati in mare e la loro presenza si è avvertita solo dal grido di protesta delle onde che non chiedono intralci nel loro mondo sempre in peregrino movimento.

Cadavere viene dal verbo cadere. Più in basso di quanto hanno fatto, non gli è stato possibile. Si gioca di scomposizione pescando nelle sillabe iniziali per alleggerire l’angoscia o per meglio comprendere. Ca/rne da/ta ai ver/mi o ai pesci poco importa. Sono stati buttati in un mare che è sempre “magnum” a fronte delle loro piccole dimensioni di corpi per un po’ galleggianti, finché anche la loro risurrezione non ha fatto il pieno d’acqua mandandoli a fondo.

L’imbrattafogli è in una situazione di confusione, gli mancano le lettere giuste per scrivere qualcosa che ne valga la pena. Ricorda un passo letto tempo fa: ”La lettera si sarà perduta nel mare magnum dei miei scartafacci”. Il mare sta uccidendo anche lui e la sua penna.  Il mare è traditore, non è più nostrum ma mostrum, è adesso un mare amaro, è marmo gelido che trema al contatto di morti dalla pelle fredda che, malgrado tutto, ancora trema intirizzita. 

Non ci sono onde scintillanti al sole, che però illumina la scena perché la morte per prima ne abbia schifo. Il suo ventre, gonfio da scoppiare, vorrebbe vomitarli per una parte fuori ma non le è possibile, questa è la sua minima punizione ed insieme il suo orgoglio.

Il pallottoliere di Dio fa prima a contare le onde che i morti. Agli scampati, addosso una coperta termica, perfettamente lucente per dare segnale ad altri che ci proveranno. L’inchiostro è finito in secca, al pari della vita di tanti. Il Direttore è già pronto per altri rampanti improperi.