La recente sconfitta in Liguria dovrebbe essere considerata un momento di riflessione costruttiva per le forze di centro-sinistra. Seppure amara, essa offre una lezione importante, che evidenzia alcune criticità strutturali su cui lavorare per evitare il ripetersi di scenari simili in futuro. Il punto cruciale, in questo contesto, è l’ostinato veto su Matteo Renzi, una scelta che testimonia quanto Giuseppe Conte sia ormai vicino a un bivio decisivo per la sua carriera politica: o rivede le sue posizioni, o rischia di perdere qualsiasi rilevanza.
Pressato da Beppe Grillo, Conte ha sciupato un’opportunità preziosa. Una vittoria del “campo largo” avrebbe potuto garantire una rappresentanza in Regione, dando al Movimento una presenza più radicata sul territorio e un trampolino di rilancio politico. Così non è stato e la sconfitta, seppur di misura, ha significato un ulteriore arretramento rispetto al centro-destra.
Bisogna riconoscere che Elly Schlein aveva avvertito la coalizione dei rischi legati ai rancori interni e alle divisioni personali, specialmente in un momento in cui ogni voto è fondamentale. Con il senno di poi, forse avrebbe dovuto spingersi oltre, adottando una posizione più risoluta contro i veti imposti da chi, pur volendo contrastare la destra, finisce per dividere il fronte progressista. Ignorare queste divisioni significa, alla fine, facilitare la vittoria dello schieramento opposto.
L’esito elettorale merita un’analisi attenta, anche per il ruolo che conserva Giovanni Toti. Nonostante fosse stato costretto a dimettersi, l’ex governatore ha saputo resistere dimostrando di avere ancora un peso significativo sulla scena politica regionale. Bucci ne dovrà tenere conto. Non è detto che l’elettorato, visto l’enorme carico di astensionisti, sia nel complesso acquiescente a una politica di mera continuità. Dovrà essere, allora, il compito primario dell’opposizione portare allo scoperto la nascosta contraddizione della maggioranza.