In morte di Piero Craveri

È stato un campione riconosciuto di laicismo, eppure colpisce nella sua attività di studioso l’apertura verso il pensiero e il ruolo dei cattolici in politica, nel sindacato, nelle dinamiche sociali.

È morto lo storico Piero Craveri. La sua scomparsa, avvenuta sabato 23 dicembre 2023, 10 giorni prima del suo 86° compleanno (era nato nel 1938), arriva pochi giorni dopo quella di Marisa Cinciari Rodano. Il legame  di Piero Craveri con la parlamentare di lungo corso e moglie di Franco Rodano risiede nello stretto rapporto di quest’ultimo con suo padre,  Raimondo Craveri (marito di Elena Croce, la primogenita di Benedetto Croce): colonna del mitico Ufficio Studi della Comit di Raffaele Mattioli (dove lavorano Ugo La Malfa e Giovanni Malagodi), co-fondatore del Partito d’Azione, amicissimo e mentore appunto di Franco Rodano, che era stato assunto allo stesso Ufficio Studi da Mattioli su segnalazione di Sergio Paronetto. 

Insigne studioso delle due principali forme politiche e sociali, la forma partito e la forma sindacato, Piero Craveri ha trovato il modo di eccellere anche nella storia generale; si pensi alla collaborazione con Giuseppe Galasso per la monumentale Storia d’Italia della Utet. La sua monografia su Alcide De Gasperi resta esemplare e riferimento imprescindibile per gli studiosi. Si può avanzare l’ipotesi che per primo Piero Craveri abbia mostrato convintamente come De Gasperi sia figura da rapportare non a un partito ma all’Italia e alla sua rinascita e all’Europa, senza pregiudiziali ideologiche distintive. 

La storiografia italiana, invece, non è mai riuscita a fare la storia del Novecento operando uno scarto rispetto al dato ideologico e di appartenenza partitica e relegando questi aspetti a mero fattore accessorio. Così, l’indagine storica su De Gasperi è destinata a lettori  cattolici, quella su Togliatti a lettori comunisti, quella su Nenni a lettori socialisti e così via. Quando non è chiaro a quali lettori destinarla, l’opera storiografica semplicemente non viene prodotta; o, peggio, incorre in censure. E se il personaggio è di peso agli effetti della storia d’Italia e degli italiani, tanto peggio (ovvero, tanto peggio per lui: così impara a non essere né democristiano, né comunista, né socialista). È esattamente quello che è successo, ad esempio, con un ricostruttore d’Italia importante come Meuccio Ruini. 

Politico militante fin dagli anni universitari (ha partecipato alla vita politica universitaria come presidente dell’Unione goliardica romana e capogruppo dell’Unione goliardica italiana nell’Unione Universitaria delle Rappresentanze Unuri), Piero Craveri ha militato nel Partito Radicale e, nella decima legislatura, è stato eletto senatore nel gruppo radicale-federalista europeo-ecologista. Assistente ordinario di Storia del diritto italiano presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza, nel 1971 ottiene l’incarico di Storia dei partiti politici all’Università di Genova e, in seguito, di Storia delle istituzioni politiche all’Università di Messina, nonché, infine, della stessa materia all’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Nel 1980, vinto il concorso da ordinario, viene chiamato ad insegnare Storia delle istituzioni politiche all’Università Federico II di Napoli. Membro del Consiglio di Amministrazione dell’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli dal 1993. L’anno successivo vi trasferisce, dall’Università Federico II, la cattedra, assumendo l’insegnamento di Storia contemporanea e divenendo fondatore e preside della nuova Facoltà di lettere. Nel 2018 viene nominato presidente dell’Ente Morale Suor Orsola Benincasa, preposto al patrimonio dell’intera istituzione.  Dal 2016 è presidente della Fondazione Biblioteca Benedetto Croce. Egli succede a sua zia Silvia Croce nelle cariche relative.

Una non comune caratteristica dello storico Piero Craveri è la riflessione critica sul sindacato in Italia e sull’ordinamento sociale. Assunto l’incarico di direttore del Centro ricerche economia e lavoro Crel, il centro studi della Uil, nel 1977 pubblica l’esauriente volume “Sindacato e istituzioni nel dopoguerra”, insistendo sul ruolo istituzionale e la responsabilità sociale, distinta dalla politica, delle parti sociali. 

Nel 1989 pubblica, curato da lui con Giuseppe Pignatelli, l’importante “Per una riforma delle relazioni industriali”. In veste di esperto figura tra gli estensori, con Tiziano Treu ed Ezio Tarantelli, del manifesto in favore della riduzione della scala mobile, la materia del referendum del 1985. Dal 1982 al 1984 è membro del Consiglio scientifico della Confindustria. Fin dalla fondazione del quotidiano, nel 1974, viene chiamato da Eugenio Scalfari e sarà a lungo il commentatore dei fatti sindacali su ‘La Repubblica’. Fino all’ultimo collabora con ‘il Sole 24 ore’. 

Noti i suoi libri scritti a quattro mani con l’amico Gaetano Quagliariello, anch’egli di scuola radicale, studioso del rapporto tra fede e politica, promotore di una nuova generazione di politici cristiani: “Atlantismo ed europeismo”, “L’antiamericanismo in Italia e in Europa nel secondo dopoguerra”, “La seconda guerra mondiale e la sua memoria”. Europeista di vaglia, Piero Craveri è curatore-autore con Antonio Varsori dell’importante libro “L’Italia nella costruzione europea. Un bilancio storico (1957-2007)”, che raccoglie una serie di contributi di rilevante interesse.

L’ultimo suo libro di peso è “Dalla democrazia incompiuta alla postdemocrazia”, del 2022, per i tipi de Il Mulino. 

La morte lo ha colto mentre era alle prese con la sua nuova fatica, designato come uno degli autori dell’opera in sei volumi sulla storia della Democrazia Cristiana: a lui era stato affidato il periodo fino al 1953, ossia quello della leadership di De Gasperi; non avrebbe potuto esserci una designazione migliore. 

Campione riconosciuto di laicismo, colpisce nell’opera e nella figura di Piero Craveri l’apertura verso il pensiero e il ruolo dei cattolici in politica, nel sindacato, nelle dinamiche sociali, quasi rispecchiando l’argomento usato da suo nonno Benedetto Croce: ‘perché non possiamo non dirci “cristiani”’.