Una commemorazione doverosa
Abbiamo voluto commemorare, qui nella chiesa di San Gregorio Nazianzeno in Vicolo Valdina, per iniziativa del Presidente dell’Associazione Democratici Cristiani (ANDC) Lucio D’Ubaldo, oltre i 66 ex parlamentari che ci hanno lasciato quest’anno, anche don Giulio Cesare De Rossi, di cui il 22 novembre ricorre il centenario della morte. Bene ha fatto don Francesco a definirlo “costruttore di futuro”.
Gli anni della formazione
Giulio De Rossi era già laureato in matematica e fisica, e avviato a una brillante carriera universitaria quando ebbe l’ordinazione sacerdotale per concessione speciale di Pio X. Tornò a insegnare al Sant’Apollinare dal 1905 al 1911, dove si era formato.
Entrò poi in contatto con i circoli culturali cattolici, tra cui il Leonardo e il Dante.
Don Giulio De Rossi scrisse – come ci ha ricordato Gabriele De Rosa – anche di “letteratura minore”, che però aveva diffusione tra i cattolici del Nord come del Sud: una letteratura meno ambiziosa, ma più pratica e politicizzata, che mirava a offrire alla gente semplice, ai parrocchiani e ai devoti, testi letterari e sociali che funzionassero da “contravveleno alle immagini, alle idee e ai miti della società individualistica-borghese”.
Il lavoro nella stampa cattolica
Dal 23 aprile 1916 fu direttore della Settimana sociale, organo dell’Azione cattolica. Dalle colonne del periodico richiamò spesso i cattolici all’“unione” e al “dovere” di fronte al Paese in guerra.
Fu redattore del Corriere d’Italia, il più importante quotidiano del trust Grosoli. Maturò un forte impegno nella stampa cattolica fino a dirigere giornali e a divenire, proprio per le sue capacità, direttore dell’ufficio stampa del PPI, chiamato da Luigi Sturzo. Il suo era un pensiero vivace, non accomodante.
I due sacerdoti si muovevano all’unisono nella costruzione del Partito Popolare. Entrambi, per ragioni diverse, ebbero problemi con le gerarchie ecclesiastiche. Luigi Sturzo andrà in esilio-salvezza, prima a Londra poi negli Stati Uniti; don Giulio, per le sue posizioni audaci e di avanguardia sociale, ebbe prima richiami, poi divieti, quindi un piccolo esilio nella parrocchia di San Saba, allora un rione popolare – non quello odierno, ambito e sofisticato – ma un ambiente fortemente anticlericale che ne stimolò l’azione apostolica.
Prima della guerra mondiale aveva diretto Il prete al campo, strumdnto di sussidio pastorale per i cappellani militari.

