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venerdì, 21 Novembre, 2025
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In ricordo di Giulio De Rossi, prete romano, collaboratore di Sturzo

Pubblichiamo il testo della commemorazione tenuta ieri mattina a Roma dal Sen. Maurizio Eufemi dopo la messa presieduta da mons. Francesco Pesce nella chiesa di San Gregorio Nazianzeno.

Una commemorazione doverosa

Abbiamo voluto commemorare, qui nella chiesa di San Gregorio Nazianzeno in Vicolo Valdina, per iniziativa del Presidente dell’Associazione Democratici Cristiani (ANDC) Lucio D’Ubaldo, oltre i 66 ex parlamentari che ci hanno lasciato quest’anno, anche don Giulio Cesare De Rossi, di cui il 22 novembre ricorre il centenario della morte. Bene ha fatto don Francesco a definirlo “costruttore di futuro”.

Gli anni della formazione

Giulio De Rossi era già laureato in matematica e fisica, e avviato a una brillante carriera universitaria quando ebbe l’ordinazione sacerdotale per concessione speciale di Pio X. Tornò a insegnare al Sant’Apollinare dal 1905 al 1911, dove si era formato.

Entrò poi in contatto con i circoli culturali cattolici, tra cui il Leonardo e il Dante.

Don Giulio De Rossi scrisse – come ci ha ricordato Gabriele De Rosa – anche di “letteratura minore”, che però aveva diffusione tra i cattolici del Nord come del Sud: una letteratura meno ambiziosa, ma più pratica e politicizzata, che mirava a offrire alla gente semplice, ai parrocchiani e ai devoti, testi letterari e sociali che funzionassero da “contravveleno alle immagini, alle idee e ai miti della società individualistica-borghese”.

Il lavoro nella stampa cattolica

Dal 23 aprile 1916 fu direttore della Settimana sociale, organo dell’Azione cattolica. Dalle colonne del periodico richiamò spesso i cattolici all’“unione” e al “dovere” di fronte al Paese in guerra.

Fu redattore del Corriere d’Italia, il più importante quotidiano del trust Grosoli. Maturò un forte impegno nella stampa cattolica fino a dirigere giornali e a divenire, proprio per le sue capacità, direttore dell’ufficio stampa del PPI, chiamato da Luigi Sturzo. Il suo era un pensiero vivace, non accomodante.

I due sacerdoti si muovevano all’unisono nella costruzione del Partito Popolare. Entrambi, per ragioni diverse, ebbero problemi con le gerarchie ecclesiastiche. Luigi Sturzo andrà in esilio-salvezza, prima a Londra poi negli Stati Uniti; don Giulio, per le sue posizioni audaci e di avanguardia sociale, ebbe prima richiami, poi divieti, quindi un piccolo esilio nella parrocchia di San Saba, allora un rione popolare – non quello odierno, ambito e sofisticato – ma un ambiente fortemente anticlericale che ne stimolò l’azione apostolica.

Prima della guerra mondiale aveva diretto Il prete al campo, strumdnto di sussidio pastorale per i cappellani militari.