Sembra quasi che l’autunno sia già qui. Lo pregustiamo, trepidanti. Noi che, riconosco, siamo un po’ patiti di politica e abbiamo pertanto un appetito smodato circa il piacere degli eventi che la riempiono, siamo già nella condizione di visitare con la fantasia le cose che accadranno a fine settembre-ottobre.
Siamo costretti a una stagnazione del pensiero in questa estate ormai predefinita, circa le vicende delle dialettiche all’interno della maggioranza, sia dentro il ventre delle opposizioni, che ci fiondiamo, con molto arbitrio, dentro i quadri, per la stragrande maggioranza ancora sfumati, delle alchimie politiche dell’autunno che, come sappiamo, è il ventre che partorirà la legge di bilancio del 2010.
La madre di tutte le vicende trova la sua condizione di esistenza in quel difficile vagito.
Vado velocemente, perché meriterà una newsletter a se stante, la vicenda che si consumerà al rientro delle ferie. Ossia, alla legge taglia Parlamentari. Anche questo non è uno scoglietto.
La legge di bilancio dovrà pareggiare diverse voragini, colmare vuoti che spuntano da tutte le parti.
I proclami dei due leader sono sempre altisonanti, ma come è capitato l’anno scorso, la mannaia sarà, quella più grossa nelle mani della commissione europea e quella a raggio più ridotto tra le dita del Ministro Tra, di Conte e del Presidente della Repubblica. Immagino che le giravolte vissute nel 2018, da settembre a dicembre, abbiamo visto giri di valzer a non finire, siano anche quest’anno ad intensità memorabile. Anzi, oso dire che sarà ancora più elettrico il movimento dei ballerini.
Premessa principale, il PIL è stecchito: da lì non ricaveremo nulla. Manovre che riescano a spremere denaro dai nostri contribuenti non potranno più essere presentate. Quel che c’è, c’è. Ora, il Ragioniere Capo che dovrà distribuire i denari secondo gli indirizzi dei politici che governano il Paese, suonerà la musica che le casse consentiranno di offrire: “cari vice Ministri, io faccio tutto quello che voi mi dite, ma sappiate che non sono ancora attrezzato per creare denaro. O me lo date o si fa con quel che c’è”.
Se i proclami sono attuare la flat-tax, mettere in campo il salario minimo, e, certo, anche ridurre il cuneo fiscale; non aumentare l’IVA, ricordiamo che quel masso lì, valge 23,5 miliardi di euro, dove trovarli solo Dio lo sa. In aggiunta a questo, che è la massa critica su cui fondare ogni ragionamento, ci saranno anche quest’anno i problemi che solo apparentemente sembrano minori ma hanno il vizio di mettere in difficoltà i due maestri di cerimonia: l’autonomia regionale, la TAV e il mantenimento delle misure relative a quota 100 e reddito di cittadinanza.
La prima ipotesi di lavoro è che non trovino inciampi prima di mettersi al tavolo per orchestrare quella manovra; la seconda cosa è misurare la tenuta politica del tessuto penta stellare: ho sempre il sospetto che dentro quelle fila possa sempre capitare di punto in bianco, qualche strana implosione; terzo aspetto, è che l’orizzonte economico non subisca ulteriori rallentamenti.
Dentro questo panorama, per quel che mi è dato intuire, a farla da padrone sarà sempre Salvini. Lo spartito musicale e il direttore d’orchestra saranno sempre da lui, almeno fino ad autunno, definiti. Il gioco ormai è, direi, quasi cristallino.
Per finire e mettere ancora qualche elemento sulla scacchiera anche quest’anno, a differenza di quello che pensava Salvini, la Commissione Europea sarà intransigente, vale a dire non permetterà un tasso di debito superiore al 2%. Dentro questa ristrettezza quelle prospettive elencate prima, non troveranno né agibilità, né via d’uscita e saranno costrette a restare al palo di partenza e, per non rendere troppo complicato il terreno, togliamo, le stranezze che potrebbero essere messe in campo dai mercati internazionali.
Anche quest’anno, quindi, prepariamoci a vivere una pagina particolarmente tormentata.
Intanto, però, prendiamoci il sole.