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sabato, 9 Agosto, 2025
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Israele, il monito di Olmert: “L’operazione a Gaza non salverà gli ostaggi”

L’ex primo ministro israeliano critica l’assalto militare a Gaza City: una scelta che acuisce la crisi umanitaria, alimenta crimini e frantuma anziché proteggere. In Israele cresce la voce della prudenza.

L’ex premier Ehud Olmert ha lanciato un avvertimento tagliente: “L’occupazione militare di Gaza City non salverà gli ostaggi, costerà la vita a molti soldati e molti palestinesi non coinvolti”. L’operazione, ha proseguito in un’intervista alla CNN, “aumenterà il numero di crimini” — e non si tratta di una “politica di genocidio”: è invece la drammatica realtà di una guerra che perde umanità.

L’ex premier ha aggiunto che Benjamin Netanyahu sarebbe “prigioniero” di colonnelli messianici della sua coalizione, pronti a far cadere il governo se la linea militare venisse rivista — «un espediente politico», secondo Olmert. Un’accusa pesante, che ridipinge la controversa operazione in chiave di sopravvivenza politica anziché sicurezza nazionale.

Cresce la condanna internazionale

L’operazione ha suscitato una nuova ondata di condanne globali. Nazioni come Francia, Germania e Regno Unito, insieme a Unione Europea e ONU, bollano l’occupazione come “escalation pericolosa”. Il Segretario Generale Guterres avverte: “Un pericolo per i diritti umani e la pace”, mentre mediatori come Egitto e Qatar tentano di riaprire i canali negoziali.

Anche dentro Israele il fronte critico si allarga: sfilano proteste civiche in crescita, guidate da figure come Olmert e l’ex militare Yair Golan, che definiscono l’azione militare una crisi morale prima ancora che strategica.

L’Occidente democratico e la scelta di campo

L’Occidente democratico ha la responsabilità di dare spazio e sostegno a queste voci di prudenza e saggezza. Non per debolezza, ma per riaffermare un principio: la forza militare non può essere l’unico linguaggio della politica. In un conflitto già segnato da sofferenze immani, ogni scelta è anche un debito etico. È il momento di alzare una “pregiudiziale umanitaria” affinché la politica cerchi una via d’uscita, invece di alimentare l’oltranzismo della vendetta.