JhyryNino Sunseri
L’economia Usa sembra aver finito benzina. La crescita del Pil Usa nel primo trimestre è rallentata più di quanto inizialmente previsto, attestandosi all’1,3% invece dell’1,6% stimato. “L’aggiornamento riflette principalmente una revisione al ribasso della spesa per i consumi, in particolare per le automobili”, ha spiegato il Dipartimento del Commercio. Questa revisione èmleggermente inferiore alle attese, poiché gli analisti prevedevano una crescita dell’1,2%, secondo il consensus di Market Watch. Nel IV trimestre del 2023 il prodotto interno lordo è stato pari al 3,4%. La crescita del Pil ha toccato il livello più basso da quasi due anni, dopo che nel 2023 aveva superato tutte le aspettative e sventato le previsioni di recessione. Inoltre, sempre negli i prezzi Pce sono aumentati al 3,30% nel I trimestre 2024 dall’1,80% del quarto trimestre del 2023. Il dato ‘core’, depurato dai prezzi energetici e dei prodotti alimentari, è aumentato del 3,60% dal 2% del quarto trimestre, contro attese per una conferma del 3,7% in prima lettura. Ed ancora, il deficit della bilancia commerciale è salito a 91,83 miliardi di dollari nel marzo 2024, il dato maggiore negli ultimi 11 mesi. Le importazioni sono diminuite dell’1,7%, gravate dagli acquisti di veicoli automobilistici (-10,8%), alimenti, mangimi e bevande (-3,6%), forniture industriali (-3,2%) e altri beni (-2,9%). Al contrario, gli arrivi sono aumentati per i beni di consumo (4,7%).
Nel frattempo, le esportazioni sono diminuite più rapidamente del 3,5% a causa della riduzione delle vendite di alimenti, mangimi e bevande (-9,4%), beni strumentali (-3,7%) e forniture industriali (-3,9%).
I dati pongono alla Fed più di un problema. Se abbassa i tassi per stimolare il Pil rischia di far ripartire la dinamica dei prezzi. Tanto più che l’andamento più vivace riguarda l’inflazione Pce che riguarda le spese personali al netto di cibo e alimentari.
Oggi [ieri per chi legge, ndr] era atteso anche il dato sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata al 25 maggio, risultate 219 mila, superiori alle 218 mila attese e alle 215 mila del dato precedente.
“Nel complesso, non ci sono state grandi sorprese e, una nota positiva, gli aspetti inflazionistici dei dati sono stati generalmente inferiori alle aspettative”, scrivono da Bespoke Investment Group.
Dopo una mattinata (italiana) passata in calo di circa l’1%, gli indici di Wall Street sono in ribasso. La diffusione di questi dati fa salire l’euro a 1,0827, e fa calare i rendimenti dei titoli di Stato USA dopo la crescita delle sedute precedenti: il decennale cala (-1%) al 4,573% e il biennale si riduce (-0,30%) al 4,966%.
Domani [oggi per chi legge, ndr], intanto, è previsto l’indice dei prezzi al consumo (PCE) di aprile, atteso in lieve calo. L’incertezza sulla politica monetaria, unita alla forte emissione di nuovi Treasury, ha spinto i rendimenti dei titoli di stato verso l’alto e messo sotto pressione i titoli azionari. L’aumento dei rendimenti dei titoli di stato riflette tipicamente l’aspettativa di un aumento dei tassi di interesse, che a sua volta si traduce in finanziamenti costosi e margini di profitto più ridotti per le aziende.
Secondo lo strumento FedWatch di CME Group, i mercati si aspettano il primo taglio dei tassi della Fed di 25 punti base solo a novembre o dicembre. “La Fed non può ancora ritenersi soddisfatta di questo livello di inflazione, data la solidità dell’economia, mentre non c’è fretta di tagliare i tassi di interesse”, secondo gli analisti di Berenberg, i quali restano “quindi fedeli alla previsione che la Fed non inizierà il ciclo di taglio dei tassi prima di dicembre”.