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domenica, 14 Dicembre, 2025
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La Cgil archivia l’unità sindacale

La trasformazione della Cgil sotto la guida di Landini segna la fine dell’unità sindacale: da soggetto di rappresentanza del lavoro a protagonista diretto dello scontro politico,

 Un pilastro del passato

È inutile girarci attorno. Se si vuole essere intellettualmente onesti, non possiamo non dire che l’unità sindacale – pilastro e faro delle grandi organizzazioni sindacali del passato – è ormai un mero ricordo. O meglio, un tema di fatto archiviato. Non lo dico per polemica e né, tantomeno, per un pregiudizio. È appena sufficiente prendere atto della realtà che si è concretamente dispiegata di fronte ai nostri occhi in questi ultimi anni per rendersene conto.

E, su questo versante, non possiamo non parlare del comportamento e del progetto, peraltro legittimi, della più grande organizzazione sindacale del nostro Paese, ovvero la Cgil.

Da sindacato a soggetto politico

Dunque, se non siamo accecati dall’ideologia o, peggio ancora, dall’ipocrisia, la Cgil sotto la guida di Landini si è definitivamente ed irreversibilmente trasformata da soggetto sindacale a soggetto politico. Detta con parole più semplici, in un partito. E questo ancora al di là delle ambizioni politiche, anche queste legittime, del suo attuale capo Landini.

Perché ormai, ed è inutile nasconderlo, la Cgil, cioè lo storico “sindacato rosso” che aveva il compito di essere la “cinghia di trasmissione” tra il partito e il sindacato, è diventata a tutti gli effetti un soggetto politico. Ovvero un partito.

Lopposizione come missione

Del resto, ormai è quasi un dato scontato prendere atto che la Cgil partecipa attivamente al dibattito politico, è in prima linea nella dura, spietata e feroce opposizione al nemico politico dichiarato – cioè la coalizione di governo guidata da Giorgia Meloni – e, soprattutto, ha del tutto trascurato progressivamente qualsiasi ipotesi di accordo o confronto con le altre due grandi organizzazioni sindacali, la Cisl e la Uil.

L’obiettivo di costruire strategie comuni e prospettive di accordi a vantaggio dei lavoratori e dei ceti popolari del nostro Paese è stato semplicemente sacrificato sull’altare del protagonismo politico e partitico della Cgil.

Una verità scomoda

Ed è anche un atteggiamento meschino, nonché sterile, fingere che la Cgil rimanga una grande organizzazione sindacale che continua a fare il sindacato. Forse è arrivato il momento affinché ognuno si assuma le sue responsabilità e dica semplicemente la verità.

Che, nel caso specifico, significa anche prendere atto che oggi la mission, il ruolo e la funzione del sindacato continuano ad essere esercitati sino in fondo da due altrettanto grandi organizzazioni: la Cisl e la Uil.

Il compito riformista della Cisl

Ma è soprattutto la Cisl, restando come ovvio fedele alla sua specificità ed originalità culturale ed ideale, che deve declinare – oggi più che mai – il compito del sindacato. E quindi: contrattazione locale e nazionale; centralità del merito delle questioni; autonomia dai partiti e dai rispettivi schieramenti; approccio riformista e democratico; nessun pregiudizio nei confronti delle parti sociali e, nello specifico, nessun pregiudizio politico, ideologico e culturale nei confronti del Governo di turno.

Un Governo che non è mai un nemico dichiarato da abbattere, ma sempre e solo un necessario ed indispensabile interlocutore istituzionale. Ingredienti, questi, che sono l’esatto contrario del comportamento concreto della Cgil a guida Landini.

Un danno per la democrazia

Per queste ragioni, semplici ma oggettive, la storica unità sindacale è, purtroppo, diventata solo un retaggio del passato. Un fatto che, comunque lo si giudichi, certamente non rafforza la qualità della nostra democrazia e il ruolo essenziale dei corpi intermedi.