Spirito d’avventura e conformismo spesso si mescolano. Capita di osservare il fenomeno seguendo le peripezie di Annamaria Furlan, ispirata nel suo lavoro dal redivivo D’Antoni. Alla guida della CISL servirebbe un sindacalista con intuito e coraggio, ma responsabile. Invece l’attuale segreteria si distingue per l’incertezza o l’ambiguità della proposta.
Ieri, nell’intervista raccolta dal “Messaggero”, a dimostrazione di una spregiudicatezza di approccio alle questioni più delicate, la leader del “sindacato bianco” ha denunciato l’insufficienza della riforma pensionistica. A suo giudizio servirebbe modellare ulteriormente, con benefici estesi alle donne lavoratrici e possibilmente ai giovani, la cosiddetta “quota 100”. Dunque, una correzione della riforma in chiave addirittura estensiva, come se di per sé, invece, l’intervento demagogico sul sistema pensionistico da parte del governo non meritasse una replica più matura e composta del sindacato.
Si dirà che il mestiere del sindacalista si è fatto difficile. Anzi, proprio perché in difficoltà con la sua base e soprattutto con le categorie più anziane, diventa inevitabile per questa importante figura sociale un “di più” di radicalismo corporativo. E guarda caso, di fronte alla scelta della Cgil di eleggere in congresso Landini – incarnazione di un sindacalismo fatto tutto di lotta e di protesta – la Furlan abbia plaudito con inaspettata rapidità. Sembra che il populismo di governo debba insomma produrre, in questa fase, un riverbero (pericoloso) di populismo sindacale.
È inevitabile? No, al contrario, si può fare un percorso diverso, anche nel campo dell’azione sindacale. Il settimanale francese “Le Nouvel Observateur”, espressione di quella “deuxième gauche” che interpreta la posizione di un riformismo transalpino moderno e dinamico, ha dedicato la copertina del suo ultimo numero al segretario generale della CFDT, Laurent Berger (proveniente dalla Jeunesse Crétienne). A giudizio, infatti, dell’autorevole rivista francese, il leader del sindacato riformista avrebbe avuto il coraggio di esprimere una linea di fermezza nei riguardi della protesta dei “gilet gialli”, ingaggiando un confronto serio con Macron sulle iniziative da prendere in risposta alla crisi sociale della nazione.
Ecco, questo avviene in Francia. Il capo di un sindacato che rifugge dalla demagogia e dal populismo si rende protagonista della necessaria riscossa civile e democratica, dando una lezione di concretezza e responsabilità alla controversa politica “macroniènne”. Tutto il contrario di quel che accade in Italia. Qui il sindacato che fu di Pastore, Storti, Macario e Carniti si accartoccia nel gioco della tattica a buon mercato, senza più respiro strategico. Ci vorrebbe anche da noi, magari alla testa di una nuova Cisl, il Berger italiano. Se ne potrebbe avvantaggiare anche la politica nel suo complesso, oggi rattrappita nel definire una opposizione democratica che marca troppo spesso la subalternità ai Di Maio e ai Salvini.