Ieri il segretario del PD Enrico Letta con un articolo sul Corriere della Sera ha gettato un sasso nello stagno della politica con una proposta di indubbio valore politico. Ha richiamato il modello Ciampi dell’estate del 1993 come nuovo Patto Sociale per uscire dalla crisi. Va detto tuttavia che era stato preceduto dall’accordo sul costo del lavoro del luglio 1992.
Purtroppo – e lo riconosce lo stesso Letta – le condizioni oggi sono diverse. È indubbio che ne rendono difficoltosa la realizzazione. È diversa oggettivamente la situazione dei soggetti coinvolti a partire dai sindacati rispetto alla loro capacità di rappresentanza; poi i partiti della coalizione di governo lontanamente paragonabili alla struttura di Dc e PSI che in quegli anni, fino all’ultimo giorno della legislatura fecero il loro dovere senza titubanze nelle gravose decisioni parlamentari con forte senso di responsabilità.

La crisi del 1993 colpiva occupati e dipendenti e settori che avevano una proiezione sindacale, mentre oggi siamo una società polverizzata dalla tumultuosa crescita del terziario avanzato che è priva di rappresentanza perché lavoratori autonomi e partite IVA. Una crisi congiunturale nazionale di allora rispetto ad una crisi sistemica globale di oggi. Coloro che ritengono di interpretarne il disagio e le difficoltà non si assumono le responsabilità politiche fino in fondo come dimostra perfino il decreto sugli orari di chiusura dei ristoranti dove non si è riusciti a trovare un consenso bipartisan!
In quella fase congiunturale l’industria perse (soltanto!) 180.000 posti di lavoro nel 1992 e un 5-6 per cento di produzione industriale soprattutto nei settori più esposti alla concorrenza dopo Maastricht.

La crisi dei profitti delle imprese era attribuibile da un lato alla forte crescita della fiscalità complessiva cresciuta di dieci punti dal 1980 al 1990 superando il valore medio europeo soprattutto per l’incidenza delle imposte dirette cresciute di 5 punti e dall’altro ai crescenti oneri finanziari.
L’accordo con le parti sociali del luglio 1993, consolidando la politica dei redditi determinò una marcata riduzione del clup dal 3,8 all’1,6! Quello fu il grande merito di Ciampi, di porre le condizioni della ripresa negli anni successivi fin dal 1994.

Il 1993 sarà ricordato come l’anno dei “minimi” nel grado di utilizzo degli impianti, negli investimenti fissi lordi e in quelli netti ma anche l’anno della ripresa delle esportazioni.
Il segretario del PD pone poi, sullo sfondo e con forza una questione di grande rilevanza: la partecipazione dei lavoratori agli utili e alla governance dell’impresa. Anche se preferisco la dicitura “partecipazione alla vita e al destino dell’impresa” un principio determina un più forte coinvolgimento tra lavoratori e imprenditori e che riuscimmo ad inserire in un aspro confronto dialettico tra Parlamento e Governo nella legge delega di Tremonti nel 2003 ma che non fu poi esercitata dal governo!

Oggi riscoprire un nuovo modello di relazioni industriali e di democrazia economia può rappresentare l’occasione per guardare al futuro in modo innovativo superando i retaggi del passato. Enrico Letta ha avuto il merito di avere posto problemi che vanno oltre la pandemia e che necessitano di un consenso vasto per rimuovere gli ostacoli allo sviluppo perché oltre le risorse c’è bisogno di un nuovo sistema di relazioni tra tutti i soggetti politici, sindacali ed economici del Paese.

Solo un ruolo centrale del Parlamento può consentire di ripensare e ridefinire “regole del gioco” che richiedono un coinvolgimento largo delle forze politiche e sociali riscoprendo la sede naturale del confronto politico.