Ora che lui non c’è più, ed ora che rischia di non esistere più la sua amata Alitalia, anche la grande stampa, oltre quella locale, ci sta ricordando la figura di Domenico Cempella ed il fondamentale ruolo da lui svolto per la salvezza della compagnia aerea di bandiera, esattamente venti anni fa. Mi limito a riportare l’inizio dell’articolo intitolato “Domenico Cempella, simbolo di Alitalia quando aveva futuro” che il 19 aprile gli è stato dedicato sul Corriere della Sera: “Se ne è andato nel silenzio quasi generale, Domenico Cempella, l’Amministratore Delegato di Alitalia (1996-2001) che sarà ricordato per averne riportato i conti in utile e aver immaginato che lo sviluppo della compagnia stava in una solida alleanza”.

Quello che voglio aggiungere di mio è solo un ricordo da viterbese, avendo potuto apprezzare le sue grandi qualità umane e manageriali, insieme al rimpianto di averlo perso di vista negli anni più recenti.

Nel 1992 il professor Giuseppe Guarino, nominato ministro dell’Industria e delle Partecipazioni Statali nel governo Amato, mi chiamò a fare il capo della sua segreteria tecnica e tra i tanti top manager che in  quel ruolo ebbi l’opportunità di conoscere c’era anche Domenico Cempella, allora capo della divisione passeggeri di Alitalia. Tanto per far tornare alla memoria, o dare ai più giovani, un’idea del contesto istituzionale e sociale, mi basterà dire che Carlo Azeglio Ciampi era Governatore della Banca d’Italia, Romani Prodi era presidente dell’Iri, Mario Draghi era direttore generale al Ministero del Tesoro, in quel 1992, anno terribile per la gravissima crisi che aveva colpito l’economia italiana, e che si sommava al turbamento generale provocato dalla messa in mora, con Tangentopoli, di gran parte della classe dirigente. Il governo tecnico Amato cercava di mettere in sicurezza la malandata economia nazionale attraverso il prelievo forzoso nei conti correnti e l’avvio delle privatizzazioni, ed intanto saltavano molte teste, il numero uno dell’Eni, Gabriele Cagliari si suicidava in carcere, e quello dell’Iri, Franco Nobili, veniva arrestato. Come l’esplosione della pandemia da coronavirus ha trovato impreparati Governi, sistema sanitario e della ricerca, mondo produttivo ed opinione pubblica, così l’esplosione di Tangentopoli ed il grave tracollo dell’economia nazionale, trovarono 29 anni fa impreparati classe politica, burocrazia, imprenditori privati e manager pubblici; analogamente ad oggi la crisi di allora, che però aveva connotati esclusivamente nazionali, non consentiva di immaginare quali e quanti cambiamenti ne sarebbero scaturiti, anche in termini di sostituzione di classe dirigente. Forse anche per l’istintiva empatia che generalmente si attiva quando due viterbesi si incontrano fuori dei confini della Tuscia, oltre che per la percezione che ebbi delle sue capacità manageriali e doti umane, appena lo conobbi immaginai Domenico Cempella destinato a futuri  ruoli di vertice e intanto però, fidando sul bel rapporto umano che tra noi si era instaurato, ne approfittai pure. Mi venne infatti a trovare un giorno al Ministero, su consiglio dell’ex  sindaco Rosato Rosati, un imprenditore viterbese amante della cultura e dell’arte che stava organizzando a New York una esposizione di antiche ceramiche viterbesi (quelle attualmente visibili nel Museo della Ceramica a Palazzo Brugiotti in via Cavour) ma non era in grado di sostenere il rilevante costo del trasporto, con l’aggiunta di assicurazione, di quegli oggetti preziosi fino a New York e ritorno. Mi rivolsi a Cempella affinché Alitalia diventasse sponsor della mostra newyorkese, trasportando gratuitamente le ceramiche, e Cempella da buon viterbese risolse il problema. Quattro anni dopo Cempella, che nel frattempo aveva lasciato quell’incarico per andare a guidare altre aziende, tornò in Alitalia come amministratore delegato, mentre io, terminata l’esperienza ministeriale, ero tornato alla libera professione, ed avevo come mia segretaria Melba Vicens Bello, in seguito diventata nota, dopo il suo matrimonio, con il cognome Ruffo di Calabria. Melba, che oltre che essere bella (era arrivata seconda nel concorso di Miss Mondo) era anche intelligente e capace, aveva lasciato la nativa Santo Domingo per cercare lavoro in Italia; tramite lei divenni presto amico dell’ambasciatore dominicano in Italia, la cui famiglia era a suo tempo emigrata da un comune del foggiano facendo fortuna a Santo Domingo.

Quando un giorno sul finire dell’anno  ’96,  l’ambasciatore dominicano e Melba mi chiesero la cortesia di organizzare una cena con l’obiettivo di esaminare la possibilità di un collegamento aereo diretto tra Italia e Santo Domingo, accettai di buon grado, anche per avere il piacere di rivedere Domenico Cempella, e,  per rendere più piacevole la serata, con mia moglie decisi di invitare anche, a motivo delle sue origini foggiane, Renzo Arbore insieme a  Mara Venier. Una bellissima serata, soprattutto grazie alla effervescente verve di Arbore. Dopo nemmeno un mese incontrai casualmente in centro a Roma Cempella, e tra noi si svolse un simpatico colloquio che non ho dimenticato: “Caro Umberto, ancora grazie per la bella serata, che sono certo ha prodotto begli utili anche per te”; “Sì certo, Domenico, siamo stati molto bene anche noi”; “Io mi riferisco alla campagna pubblicitaria per Alitalia su cui mi sono accordato con Arbore, una bella cifra in ballo, su cui certamente è stato calcolato un tuo compenso, come si usa nel mondo dello spettacolo e della pubblicità”; “Domenico, ho ascoltato il vostro colloquio durante la cena e mi fa piacere che poi si sia concretizzato, ma sarà perché non frequento il mondo dello spettacolo, io non ho nemmeno lontanamente pensato di chiedere un ritorno economico per me ad Arbore, che con mia grande gioia ha allietato simpaticamente la serata”; “A Umbe’ mi dispiace che ti sei perso un bell’acchiappo, ma mi fa piacere avere così la conferma che a noi viterbesi veraci più che i soldi ci interessa veder realizzato qualcosa di bello, infatti è raro che un viterbese si metta a fare l’imprenditore, al massimo l’agricoltore, perché gli bastano i bei frutti che riceve dalla natura”.

Questo il ricordo, molto personale e molto viterbese, che io ho di Domenico Cempella, che nulla toglie ai tanti necrologi che in questi giorni ho letto, che mi hanno confermato il valore dell’uomo ed il bel ricordo che ha lasciato di sé, andandosene ad 83 anni.