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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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La crisi dei corpi intermedi: quale futuro per i sindacati?

La perdita di consenso dei sindacati riflette la crescente disintermediazione nei processi economici e sociali. A quale trasformazione devono andare incontro per adempiere al loro ruolo di rappresentanza dei lavoratori?

Dunque, un recente sondaggio pubblicato nella  trasmissione ‘Piazza Pulita’ – e quindi già in un talk  televisivo noto per la sua faziosità politica – i sindacati  rappresenterebbero appena il 28,5% dei lavoratori, contro  un 55,5% che dice che non li rappresenta più e un 16%  che non si esprime. Un dato, questo, che liquida da solo  tutta la narrazione di Landini che sentenzia,  goliardicamente, che la sua sigla sindacale, la Cgil,  rappresenterebbe quasi per intero i lavoratori del nostro  paese. Ora, al di là di Landini che confonde la virtualità con  la realtà oltre ad essere oggettivamente pericoloso per il  suo continuo ed insistente invito ed incitamento alla “rivolta  sociale” contro l’attuale Governo che ormai – secondo la  sua versione – lo considera un vulnus per la conservazione  della democrazia italiana, c’è da essere seriamente  preoccupati se anche a ‘Piazza Pulita’ emerge che il  sindacato è ormai un soggetto del tutto marginale e 

periferico nello scacchiere sociale e politico del nostro  paese.  

Quando la percezione popolare è che il sindacato, storico  pilastro e presidio dell’assetto democratico e costituzionale  del nostro paese, non rappresenta più i lavoratori significa  che la qualità della nostra democrazia si sta impoverendo  progressivamente. Ed è proprio di fronte a questo scenario  che ci dobbiamo porre semplicemente perché tutto ciò  capita concretamente. Non c’è, come ovvio, una risposta  immediata e nè, tantomeno, esiste una ricetta per sciogliere  positivamente questi nodi. Ma, almeno su un aspetto, non  possiamo non essere chiari seppur consapevoli delle  enormi difficoltà riconducibili alla crisi cronica degli  strumenti di mediazione di rappresentanza democratica.  Oltre ai partiti, e più dei partiti, appunto i sindacati. La  cosiddetta “disintermediazione dei corpi intermedi”. 

Ora, la risposta a questa pesante crisi di fiducia non può  certamente essere la ricetta della Cgil attuale, cioè di un  sindacato che da un lato si è ormai trasformato in un partito  a tutti gli effetti – che punta, quasi plasticamente, a  diventare il partito leader dell’alternativa politica al centro  destra – e, dall’altro, solletica gli istinti più triviali, e forse  anche più violenti, della società per perseguire un disegno  squisitamente ed autenticamente politico. La ricetta,  checchè se ne dica, continua a risiedere nella storica  cultura della Cisl. E cioè in un sindacato che antepone il  merito delle questioni alle pregiudiziali ideologiche; in un  sindacato che privilegia la contrattazione e quindi il dialogo  e il confronto rispetto al mero scontro politico ed  ideologico; in un sindacato, infine, che non fa dello scontro  frontale e della divisione cronica la sua ragion d’essere ma  indica la sua priorità nel difendere concretamente gli  interessi, le istanze e le domande concrete dei lavoratori e 

dei ceti popolari. Una concezione, questa, che è  sicuramente più moderna e più contemporanea perchè la  stella polare resta sempre quella di porre gli interessi del  s i n g o l o l a v o r a t o r e a l c e n t r o d e l l ’ a g e n d a d i  un’organizzazione sindacale. 

Dopodiché, e come ovvio, se non ritorna la fiducia negli  strumenti democratici previsti dalla nostra Costituzione  difficilmente si potrà invertire la rotta. Una rotta che rischia,  purtroppo, di essere esplosiva sotto il profilo democratico  se lega la crescente personalizzazione della politica e dei  partiti con un sindacato in preda ad una deriva  massimalista ed estremista che rischia di sconfinare anche  nella violenza. Per il momento, e per fortuna, solo verbale.  Ma, comunque sia, adesso il nodo non può non essere  affrontato e sciolto. E, purtroppo, già sappiamo quale  sarebbe l’alternativa.