La destra ha capito e gli altri no il valore aggiunto della coalizione

Oggi le opposizioni viaggiano in ordine sparso, il che costituisce un grave handicap. Con la fluidità delle scelte, vi sono tanti elettori a cui poco importa delle singole variazioni percentuali dei singoli partiti.

Archiviate le elezioni amministrative con un netto risultato vincente per la destra, favorito anche da opposizioni divise e un po’ allo sbando, ora le forze politiche guardano alle elezioni europee del 2024. Complice il sistema elettorale proporzionale, ogni partito cercherà di attrezzarsi onde ottenere il massimo vantaggio elettorale possibile, certamente per incidere sulla formazione del parlamento e degli altri organi dell’UE (vitali per il mantenimento dei cospicui sostegni ricevuti), ma anche ai fini interni per misurare i rapporti di consenso e quindi di forza. Ma mentre questo servirà alla destra per ristabilire i pesi dentro la coalizione, per gli altri partiti di opposizione italiana presumibilmente rimarrà un risultato fine a se stesso, vista la mancanza di accordi per una proposta di governo alternativa. 

Insomma il cittadino che vota a destra sa che i risultati non cambieranno molto l’insieme del raggruppamento di riferimento, mentre per gli altri rimane incomprensibile a cosa possa servire ai fini di una possibile reale alternativa, dati i sistemi elettorali maggioritari vigenti nel nostro paese. Certamente le elezioni europee saranno un banco di prova per nuove proposte politiche. Occorre peraltro considerare che nella medesima tornata elettorale si voterà per diverse regioni e tanti comuni, il che riproporrà il tema delle alleanze, le quali devono poi ntrovare un filo di coerenza con la campagna europea. Nelle varie analisi post relettorali forse poca rilevanza si è data appunto al valore aggiunto che porta la capacità di fare coalizione in termini di raccolta di consenso, e che poi si va a declinare nella scelta di un partito facente parte dell’alleanza. 

Del centrodestra e dei suoi leader si possono rilevare tante e assurde contraddizioni nonché stramperie, basta cercarle su internet, poi di massima smentite dalle scelte di governo (e meno male), ma bisogna riconoscergli che sin dalla sua nascita non ha mai perso di vista il valore cruciale dell’unità; un merito in primis di Berlusconi che si è sempre speso per questo anche a scapito di consensi per la sua Forza Italia, perché poi la vittoria elettorale comunque sana e riequilibra le eventuali insoddisfazioni tra le varie parti. Viceversa nel centrosinistra la coalizione è sempre stato un punto debole, perlopiù una improba composizione di brevissima durata. Il tentativo più alto fu l’Ulivo, ma che venne rapidamente spezzato. Si tentò quindi di massimizzare il consenso con il Pd a vocazione maggioritaria ma è fatica degna di Ercole in un paese dai mille campanili e segnato dal pluralismo culturale che caratterizza la storia del paese.  

In questo momento le varie opposizioni viaggiano più che mai in ordine sparso, il che costituisce un grave handicap perché, in un tempo di elettorato molto fluido, vi sono tanti elettori a cui poco importa delle singole variazioni percentuali dei singoli partiti se esse, nell’insieme, non possono costituire una reale alternativa vincente. Ad esempio non sarà particolarmente esaltante rilevare se il Pd passa dal 20% al 19% o al 22% se, rimanendo senza solidi alleati, non ha chance di vittoria in Italia. Tanti cittadini rimangono cosi indifferenti e delusi dalla relativa incidenza che possono determinare, orientandosi magari verso l’astensione. 

La mentalità e la logica del sistema elettorale maggioritario ormai è stata acquisita grazie al consolidato sistema di voto dei comuni, ben compreso e accettato. Ergo o si cambia il sistema elettorale nazionale tornando al proporzionale, cosa assai improbabile, o le opposizioni si devono attrezzare per la bisogna. Certo, si può anche rimanere felici e contenti per qualche pugno di voti in più, ma rimanendo a guardare gli altri che vincono e governano.