Luca Bedoni
Il voto nel Friuli-Venezia Giulia, alla prova del cosiddetto“effetto Schlein” ha tradito le aspettative di molti. A seguito della due giorni – e permettetemi di dire che la doppia giornata di voto sfortunatamente non ha alleviato il crescente fenomeno dell’astensionismo, che si attesta al 54,73% degli aventi diritto, smentendo la teoria di quelli che “due giorni è meglio di uno” – viene riconsacrato il leghista Fedriga.
L’analisi piu seria da fare non è però nelle percentuali di voto dei Presidenti (Fedriga passa dal 57,09% al 64,24%, mentre il candidato PD Moretuzzo incassa il 28,37% a fronte del 26,84% del suo predecessore Bolzonello), bensì nei voti assoluti dei due contendenti, se paragonati alla precedente sfida.
Se Fedriga, in uno schema di coalizione similare al 2018,con il solito triumvirato Lega-FdI-FI, e nonostante l’astensione rampante, passa dai 307.118 voti del 2018 ai 314.824 del 2023, c’è da rilevare che Moretuzzo, sostenuto da uno schema di coalizione che vedeva la sinistra, il PD e pentastellati uniti, porta a casa un risultato a dir poco imbarazzante.
Imbarazzante perché, se si guarda alle elezioni dei 5 anni precedenti, una differenza strutturale esiste. Nel 2018 infatti, il PD presentava il candidato Bolzonello in risposta oltre che a Fedriga al grillino Morgera. Alla chiusura delle urne quest’ultimo incassava 62.775 preferenze (11,67%), a fronte delle 144.361 (26,84%) del candidato PD. Considerando dunque che il più recente schema del 2023 vedeva uniti PD e M5S nella figura di Moretuzzo, i due partiti “uniti” perdono, a distanza di cinque anni, all’incirca 68.000 preferenze.
Pertanto, se un fisiologico calo del centro-destra poteva rientrare nella previsioni, è invece l’alleanza PD–M5S aregistrare, oltre l’attesa della vigilia, un forte spostamento di consensi verso il Presidente uscente, ora riconfermato.
Una giustificazione potrebbe riportare all’effetto trinante di FdI come motore del Governo, ma lo scostamento tra le politiche del 2022 (26,01%) e le regionali odierne (18,1%)negano decisamente tale ipotesi. Dunque il partito della Meloni perde l’8% (che però si sposta in larga parte sulla Lega friulana, per un sistema di vasi comunicanti che elettoralmente funziona da sempre nel centrodestra).
Moretuzzo perde per l’esistenza di un “inespugnabile nord produttivo” a trazione leghista? Non è proprio così, se appena s’osserva ciò che è accaduto su un altro piano in regione. Udine, elezioni comunali del 2-3 Aprile 2023: l’uscente Fontanini, anch’egli leghista e anch’egli sostenuto da una coalizione di centrodestra, è sfidato dal candidato grillino Marchiol e dall’ingegner De Toni. Quest’ultimo, presenta una schema che assieme al PD vede, oltre all’alleanza Verdi e sinistra, la presenza di Azione/Italia Viva. Il risultato è sorprendente: De Toni sfiora il 40% e Fontanini, fermo al 46,2%, vede andare in pezzi il sogno della riconferma al primo turno.
Molti possono essere i motivi legati a questa mancata vittoria del centrodestra ad Udine. Va detto però che, se si osserva Azione/Iv a livello regionale, si scopre che il più grande risultato della compagine di Calenda e Renzi viene registrato proprio a Udine dove, con il 4,5% (rispetto al più modesto 2,75% ottenuto da Maran nella competizione regionale).
Unendo dunque tutti i puntini, la preziosa consolazione per la Schlein è dunque il risultato di Udine che però stride con il modello di alleanze intorno a cui Elly si muove. Udinerispecchia le potenzialità di un centrosinistra riformista che non insegue inutilmente il Movimento 5 stelle. E nel contempo l’alleanza con il Terzo Polo fornisce segnali di speranza, riuscendo a raccogliere le spinte di un elettorato che sfugge ormai al controllo del PD. Non a caso Udine svetta in Friuli per numero di imprese (41,6%), in particolare nel settore del commercio e dei servizi, con una crescente presenza di Start-up (104 al 2020).
Questo folto tessuto produttivo, in teoria riconducibile al perimentro di consenso della Lega, si presta iuxta modumal dialogo con l’area riformista. Di questo bisogna far tesoro per “reinventare” un programma di centrosinistra all’altezza delle nuove aspettative della società. Orbene, al saluto d’incoraggiamento per l’impegno di De Toni al ballottaggio, deve seguire un invito alla Schlein affinché tragga insegnamento dalla esperienza friulana. Non si vince, insomma, senza mostrare capacità di ascolto di un’area sociale ed elettorale che sfugge sostanzialmente alla dialettica tra destra e sinistra. E qui si addensano domande e suggestioni che l’approccio della politica “a una dimensione” – tutta diritti e radicalità – finisce per ignorare o addirittura mortificare, determinando perciò l’esaurimento della carica propulsiva e insieme aggregativa del Pd. Anche i sondaggi rilevano nelle ultime ore il blocco o persino l’arretramento del cosiddetto “effetto Schlein”. Vuo dire che qualcosa di serio compromette, come si evince delle vicende del Friuli, il percorso del “nuovo” Pd.