LA ‘GIORGIA’ DI OPPOSIZIONE E LA ‘MELONI’ DELLE ACCISE. EVITATO LO SCIOPERO DEI BENZINAI, RESTA LA BRUTTA FIGURA.

È stato sconcertante il tentativo di mettere sotto accusa gli esercenti dei distributori. Si riesce ad immaginare quali commenti avrebbe fatto la “Giorgia di opposizione” se un altro esecutivo avesse adottato oggi gli stessi provvedimenti della “Meloni di governo”?

Massimo De Simoni

Oltre lo sciopero, fortunatamente rientrato nelle ultime ore, la brutta figura dell’esecutivo non si cancella. La vicenda delle accise sui carburanti non è solo uno scivolone o una distrazione del nuovo esecutivo, ma è paradigmatica delle scelte che il governo Meloni sta facendo in tema di politiche economiche. L’aumento del prezzo della benzina ha infatti acceso i riflettori sulla manovra economica che – presentata dal governo come “rose e fiori” per l’Italia – sta invece evidenziando limiti ed errori che danneggiano il Paese ed in particolare le fasce più disagiate della popolazione.

Non regge il racconto fatto dalla Meloni sulla cosiddetta “coperta corta” che ha costretto il governo a fare delle scelte, non certo a favore dei più deboli. Infatti è proprio Il governo che ha scelto la misura della “coperta” decidendo di non tassare gli extra-profitti realizzati dagli operatori petroliferi e farmaceutici, allargando la fascia di sconto fiscale ai redditi fino ad 85.000 euro e facendo nuove sanatorie che diminuiscono (per il presente e per il futuro) il gettito nelle casse dello Stato. Sempre il governo – non contento delle misure adottate – ha poi deciso di favorire i percettori di redditi medio-alti a danno delle fasce di popolazione più bisognose di sostegno.

La Meloni, in cerca di giustificazioni, ha detto di non aver rinnovato gli sconti sulle accise perché tutto sommato la benzina è un bene di consumo per benestanti che possono utilizzare l’automobile privata; un “pieno” di sciocchezze, visto che parliamo di carburanti! L’auto è infatti utilizzata nell’ottanta per cento dei casi per motivi di lavoro e la quasi totalità delle merci è trasportata su gomma. Ciò significa che si colpiscono le tasche di lavoratrici e lavoratori che dovranno spendere più soldi per recarsi a lavoro, ma significa soprattutto che l’aumento del prezzo dei carburanti è destinato ad essere scaricato sul costo di tutti i beni di consumo, a partire dai generi alimentari e di largo consumo con le inevitabili e negative ripercussioni su inflazione e potere d’acquisto di stipendi e salari.

In questi giorni spopola su social e programmi televisivi il video della scenetta al distributore con la Meloni che urla contro “la vergogna delle accise”. Anche in questo caso la goffa difesa è stata quella di dire che si trattava di un messaggio di tre anni fa; un altro scivolone (o distrazione) perché infatti nel programma presentato per le ultime elezioni di settembre 2022 (a pagina 26) Fratelli d’Italia, per energia e carburanti, si era impegnata a realizzare una “automatica riduzione di Iva e accise”; come non detto!

Ma la cosa più sconcertante è stato il tentativo di scaricare la colpa di questi aumenti sugli esercenti dei distributori, ovvero sull’anello più debole della catena, bollandoli come “furbetti” che vogliono approfittare della situazione; peccato che poi i dati ufficiali degli organismi di controllo dei prezzi abbiano verificato che l’aumento medio è stato inferiore a quello sconto sulle accise che il governo non ha voluto rinnovare.

Un’ultima considerazione. Riuscite ad immaginare quali commenti avrebbe fatto la “Giorgia di opposizione” se un altro esecutivo avesse adottato oggi gli stessi provvedimenti della “Meloni di governo”? Se proprio non ci riuscite, aiutatevi dando un’occhiata al video “Meloni al distributore”.