Nel mondo attuale, così immerso in un eterno presente, assistiamo sempre più spesso a un black-out della memoria, in una malinconia senza luce, rispetto alla quale solo la forza delle parole, libere nella propria essenza, può imporsi con spirito resiliente. In tal senso, Barbara Appiano offre ai suoi lettori un percorso di resilienza, articolato in ventidue capitoli dal taglio eterogeneo ed estremamente dinamico.
L’autrice si abbandona al logos, da intendere quale una folgorazione verso la fantasia e l’immaginazione, esplicitata attraverso analogie e metafore, con uno stile talora ungarettiano. La parola rimane così scolpita nella mente del lettore, come un forte grido verso la democrazia. Infatti, il libro è la storia di un’utopia, poiché il protagonista Franco è un pasticciere aviatore, che si occupa di distribuire il latte ai bambini cileni, prima dell’affermazione del regime dittatoriale di Augusto Pinochet. Barbara Appiano introduce tale tematica a partire dai ricordi di un vecchio pensionato incontrato in ospedale, dove la malattia lascia il posto, per un istante, alle ali delle parole, in nome del motto “Adelante palabra”. Il pasticciere sfida le turbolenze, allenandosi al volo vertiginoso per arrivare in un paese turbato dalla folla sanguinante, in un ring ossimorico tra la libertà liberticida e le ombre dei desaparecidos.
Il volume costituisce un addestramento verso la libertà, sulla scorta delle poesie di Pablo Neruda, anch’egli raffigurato icasticamente mentre aspetta il suo turno per il latte insieme ai bambini, o mentre si accinge a sedersi a tavola con Pinotto, zio dell’autrice e archetipo della forza dell’uomo contro ogni dittatura, tanto concreta, quanto morale. Così l’11 settembre 1973, giorno in cui Pinochet attuò il colpo di stato in Cile, evoca un altro 11 settembre, quando tutto l’occidente vide crollare il proprio sogno con lo sgretolarsi delle Torri Gemelle. La Dirección de Inteligencia Nacionaldel Cile diventa un esempio di storia negata, rispetto alla quale si erge soltanto la pietà dell’indifferenza, dal tono montaliano. Tuttavia, finché si continuerà a tacere, l’oblio della memoria sarà di per se stesso una morte, o meglio una cancrena, di fronte a cui l’autrice ha il coraggio di urlare.
Con una follia di pirandelliana memoria, il libro, in una saga del grottesco in cui il poeta Neruda diventa il cameriere di Pinochet nel banchetto della vita, mostra ai lettori una terza via rispetto all’asservimento servile e al cupo distacco, ossia la resistenza di chi trova nella parola, vivida e granitica, la soluzione per plasmare il mondo, rendendo la realtà un’immagine nitida della nostra essenza umana. In tal senso, l’intellettuale non può rimanere in silenzio, chiuso nel proprio elitarismo narcisista, bensì, di fronte all’analfabetismo etico, diventa un caterpillardella libertà.
Prof.ssa Francisetti Brolin Sonia