La crescente dissociazione tra i progressi scientifici e tecnologici, da un lato, e la coscienza “umanistica e sociale” dall’altro, sta provocando un “primitivismo di ritorno” dai toni vagamente neo pagani, oltre che anti scientifici. L’Italia deve dare l’esempio di come proseguire ed estendere la lotta alla diffusione del virus, anche sostenendo l’attività delle Ong nei Paesi poveri del mondo.
Lorenzo Dellai
La nuova variante Covid “Omicron”, partita dal Sudafrica, ci indica per l’ennesima volta tre punti di verità.
Primo: le varianti del Virus si sviluppano laddove il Virus può circolare con maggiore facilità nei corpi delle persone. Ciò accade dove la gente è meno vaccinata. Nel Nord e nel Sud del Mondo. In Sudafrica il tasso di vaccinazione è del 25 per cento. La media africana è del 10.
Secondo: siamo ormai irreversibilmente in un Mondo interdipendente ed interconnesso. E non solo nel senso di Internet. Pensare di sconfiggere una Pandemia globale senza una strategia sanitaria globale è pura illusione.
Terzo: ciò che accade nel Mondo rende ancora più necessaria la nostra protezione vaccinale. Nessuno ha mai detto che essa garantisca al cento per cento contro eventuali contagi. Ma la realtà dei fatti – non delle teorie – dimostra che contiene la Pandemia e che preserva enormemente da conseguenze gravi nel caso di infezione e quindi dalla necessità di una ospedalizzazione che rende difficile le cure per tutte le altre anche gravi patologie.
Riflettiamo un attimo, con nervi saldi: non è la prima volta – e non sarà l’ultima – che l’umanità viene colpita da una Pandemia. La specie umana convive da sempre con con Virus benigni o letali. Prima che l’intelligenza umana producesse i rimedi che oggi possiamo usare (per esempio i vaccini: ma magari in futuro troveremo altre soluzioni) la forma di difesa del genere umano era costituita da una faccenda molto semplice: i più forti sopravvivevano, mentre i più deboli morivano. Una legge di natura, qualcuno potrà dire.
Ma il progresso dell’umanità si misura proprio nella capacità di gestire questa brutale legge della Natura. L’alternativa vera alla vaccinazione massiccia (a parte i lockdown, che vediamo adottati nuovamente ed inesorabilmente in questi giorni nei territori con meno vaccinati) è in realtà quella di tornare alla versione primitiva della “immunità di gregge”, ottenuta non con la vaccinazione di tutti o quasi, ma con la “naturale” diffusione del virus, la morte dei più deboli e la sopravvivenza dei più forti.
Sta qui il vero punto “morale” (e perfino religioso, per chi crede, anche per i fanatici seguaci di monsignor Vigano’) della questione. La crescente dissociazione tra i progressi scientifici e tecnologici da un lato e la coscienza “umanistica e sociale” dall’altro, come dice Francesco – che si misura nella cinica ignoranza alimentata dai ciarlatani sulla Rete e non solo – sta provocando un “primitivismo di ritorno”, dai toni vagamente neo pagani, oltre che anti scientifici nei Paesi ricchi.
Al contrario, nei Paesi poveri, in larga parte, la gente non ha ancora la possibilità di accedere ai benefici della scienza e della tecnologia. Ivi compresi i vaccini anti Covid. Anziché opporsi alle vaccinazioni e al Green Pass, sarebbe urgente e doveroso pretendere invece una campagna di immunizzazione nei tanti paesi del sud del mondo oggi in balia del virus e delle sue continue mutazioni. Che puntualmente poi ci fanno visita. E non attraverso i barconi dei disperati, ma sui Jet di linea, come abbiamo visto nel caso del manager italiano di cui alla cronaca di questi giorni.
Su questo sì che si giustificherebbero tante manifestazioni di piazza e tante iniziative sui Social. Altro che cortei No Green Pass! Occorre che l’Italia dia il buon esempio – come è nella sua tradizione di solidarietà internazionale, fondata su una rete straordinaria di volontari – destinando in via straordinaria una quota di proprie risorse (visto che si sta discutendo il Bilancio) a favore di iniziative per la vaccinazione anti Covid in Africa.
Questa cifra dovrebbe sostenere la vaccinazione di un numero di africani almeno pari a quella degli italiani che hanno deciso, purtroppo, di non vaccinarsi. Sarebbe un piccolo ma concreto aiuto all’Africa ma anche una scelta di forte valenza simbolica. Il danno al “bene comune globale” provocato da chi, pur avendo la fortuna di poterlo fare, da noi non si vaccina, sarebbe compensato dal sostegno a chi, tale opzione di sicurezza sanitaria, non può farla. E non certo, come da noi, per egoismo, paura o superficialità.
Le molte ONG italiane che operano in Africa saprebbero come usare bene questi fondi, in collaborazione con le autorità internazionali, anche al netto del dibattito sulla necessità (ambivalente, peraltro) dei brevetti. Gli esperti ci dicono che non è solo un problema di disponibilità di dosi, ma anche di organizzazione dei servizi. L’esperienza della Cooperazione Italiana potrebbe in tal senso essere molto utile in tanti Paesi africani dove essa opera da decenni.