La Pira Sindaco. Il primo discorso davanti al Consiglio comunale di Firenze. “Non parliamo di questioni astratte”.

L’elezione avviene il 6 luglio del 1951 e segna una novità di rilievo nel contesto politico fiorentino. Il Comune, nei primi cinque anni (1946-1951) di vita democratica, era stato guidato da una giunta social-comunista, con a capo una figura molto nota della Resistenza: Marco Fabiani.

L’elezione avviene il 6 luglio del 1951 e segna una novità di rilievo nel contesto politico fiorentino. Il Comune, nei primi cinque anni (1946-1951) di vita democratica, era stato guidato da una giunta social-comunista, con a capo una figura molto nota della Resistenza: Marco Fabiani. La presentazione e il discorso sono tratti dall’opera in tre tomi “Giorgio La Pira Sindaco. Scritti discorsi e lettere” (a cura di Ugo De Siervo, Gianni Giovannoni, Giorgio Giovannoni –  III voll. – Cultura nuova editrice, in collaborazione con il Comune di Firenze, 1988 – Vol. I, pp. 31-35).

(Redazione)

Le elezioni del 10 giugno vedono l’affermazione dei partiti, tra loro apparentati, della DC, del PLI e di una lista comprendente repubblicani e socialdemocratici, che conseguono circa il 46,80% dei voti, contro il circa 44,20 conseguito dalle liste, tra loro apparentate, del PCI, del PSI, degli “Operatori economici”, del “Movimento cristiano del lavoro”. A parte si erano presentati il Partito socialista unitario, il Movimento sociale italiano e il Partito nazionale monarchico.

In applicazione della legge elettorale allora vigente, la lista maggioritaria ottiene i due terzi dei seggi, mentre tutte le altre liste si ripartiscono proporzionalmente il residuo terzo dei seggi.

La Pira, che aveva ottenuto anche un buon risultato elettorale personale avendo conseguito oltre diciannovemila preferenze (contro le 14.462 delle elezioni politiche del 1948), viene eletto Sindaco alla testa di una Giunta comunale composta da sei democristiani, due liberali, due repubblicani ed un socialdemocratico.

Non appena eletto, il Sindaco tiene un primo discorso in Consiglio comunale in termini chiari ma volutamente sintetici.

Subito dopo nel Consiglio si sviluppò un animato dibattito di politica generale che risentì delle asprezze polemiche della campagna elettorale. Il consigliere socialista Giovanni Pieraccini propose un ordine del giorno sulla pace che suscitò inizialmente forti contrasti, ma grazie alla media-zione di Giorgio La Pira e di Renato Branzi si riuscì a formulare un testo che riscosse l’unanimità del Consiglio comunale: “Il Consiglio comunale di Firenze, constatando che il suo insediamento coincide con la rinascita delle speranze di una distensione internazionale in seguito all’apertura delle trattative per la tregua in Corea, vuole che il suo primo atto interpreti solennemente la profonda aspirazione di tutta la cittadinanza alla pace”.

Viene inoltre pubblicata la replica finale del Sindaco al dibattito, nella quale sono contenute alcune puntualizzazioni significative (i testi sono tratti dal verbale del Consiglio comunale del 5 luglio).

Il discorso

La breve parola che io voglio dire è una parola di saluto, è una parola di pace: è cioè la bella espressione francescana pax et bonum. Queste parole di saluto, che non pronunzio per la prima volta, io le rivolgo anche a Fabiani, di cuore.

Noi non siamo – come dissi in Piazza Signoria – dei manichei: siamo tutti uomini operanti e ispirati ad una visione larga della vita.

Quindi un saluto e un ringraziamento a tutti, perché chiunque faccia un sacrificio per gli altri e si ponga al servizio degli altri sparge una sementa che non si perderà mai: un saluto sincero non solo a Fabiani, ma a tutta la Giunta uscente.

Un altro saluto lo rivolgo a tutto il popolo fiorentino, senza distinzioni politiche, religiose, ideologiche, e l’augurio che abbia bene, pace e quel minimo che è indispensabile ad una vita dignitosa ed umana.

Un terzo saluto a tutte le autorità cittadine, da quelle supreme religiose a quelle civili, e a tutti gli impiegati del Comune; saluto che vuol essere per tutti come una specie di seme che fruttificherà nel cuore di ciascuno.

Dopo i saluti rispondo a quello che è stato detto da Mazzoni, non riferendomi direttamente al suo discorso, ma seguendo un certo ragionamento. A chi domandasse con quale criterio abbiamo fatto la Giunta io rispondo che l’abbiamo fatta prescindendo dai singoli interessi, anche di partito, per il bene di Firenze e con criteri di onestà e di competenza. Al di sopra degli interessi particolari noi abbiamo tenuto presente l’interesse universale di Firenze per il raggiungimento del bene comune. Il nostro compito non è facile, ma speriamo di svolgere bene il nostro lavoro.

Il principio che anima la Giunta è che l’Amministrazione comunale deve essere rivolta a tutti i cittadini senza distinzione di parte perché gli amministratori del Comune appartengono a tutta la Comunità cittadina ed il loro sforzo deve essere rivolto a raggiungere quel bene massimo che si può fare, intellettualmente, economicamente, culturalmente, a vantaggio di tutta la popolazione.

Gli obbiettivi della Giunta sono fondamentalmente tre. Il primo si fonda sulla pagina più bella ed umana del Vangelo: risolvere i bisogni più urgenti degli umili. La Giunta si prospetterà i problemi della popolazione più umile di Firenze e cercherà con tutta l’energia possibile di avviarli a soluzione; occorrerà per questo che la nostra mente e il nostro cuore lavorino indefessamente per proporzionare i mezzi ai bisogni. Il compito è duro ma faremo il possibile e l’impossibile per adempiere a questo fondamentale comandamento umano e cristiano.

Il secondo obbiettivo concerne la vita industriale, agricola, commerciale, finanziaria della città. Noi porremo il massimo sforzo e il massimo interesse per potenziare tutte le attività cittadine.

C’è poi un terzo obbiettivo, che è forse il più importante. Firenze rappresenta nel mondo qualche cosa di unico. Ora, qual è il bisogno fondamentale del nostro tempo, dopo quelli che vi ho accennato? Dare allo spirito dell’uomo quiete, poesia, bellezza! Tutti quelli che, da qualunque parte del mondo, vengono a Firenze trovano qui la quiete: la trovano nell’aria, nelle linee architettoniche degli edifici, nei volti degh uomini. Firenze ha nel mondo il grande compito di integrare con i suoi valori contemplativi l’attuale grande civiltà meccanica e dinamica. I nostri grandi scrittori, poeti, artisti hanno assegnato a Firenze questo compito nel mondo e noi faremo il possibile per far diventare la nostra città sempre più il centro dei valori universali.

Il consigliere Mazzoni ha posto anche domande di intonazione politica. Noi non abbiamo però competenza politica perché il nostro non è  un compito politico. Tuttavia la mia risposta è che noi abbiamo una scelta di libertà, non di libertà umana, ma· di un certo tipo di stato e di democrazia, un certo tipo di vita comune che non coincide con un altro tipo di vita comune. Ecco la ragione che ci divide! Questa è la sola risposta che io possa dare, perché il resto non è costituito che da elementi accessori.

Noi dobbiamo lavorare con spirito di amore ed io confido molto di poter contare anche nella collaborazione dell’opposizione che, con la sua critica saprà stimolarci a fare di più; perché io sono certo che anche la critica ha una funzione importante. Io vi assicuro che la nostra amministrazione sarà rivolta a tutti: sarà una casa aperta a tutti, ferma nelle sue linee chiara nei suoi obbiettivi.

A me che sono fiorentino solo d’adozione, Firenze mi commuove perché è una città speciale. Tutti rimangono colpiti quando arrivano in questa città unica al mondo! Appena si arriva alla Stazione ci si mostra la bellezza di Santa ‘Maria Novella, più in là è Santa Maria del Fiore, ancora più in là la Santissima Annunziata! Non vedete quale luce è per tutti? Sotto questa luce e con questa forza, noi siamo certi – e il Signore ci assisterà – di fare qualcosa di positivo nell’interesse della popolazione fiorentina.

***

Io vi auguro – amici – con tutto il cuore ogni bene.

Questa è una seduta inaugurale e può anche essere bene che in un Consiglio comunale si parli di politica. È però la prima e l’ultima seduta che noi faremo in riferimento a questioni astratte.

Rispondendo brevemente alle dichiarazioni che sono state fatte, io dico a Mariotti, il quale si pone il problema se esiste µna vera democrazia in Italia, che il problema è complesso; ma, ciò che è essenziale e specifico deÌla democrazia è la possibilità di scelta, la pluralità dei partiti; quando c’è questa possibilità di scelta, c’è la democrazia! Dell’ap-parentamento…parleremo un’altra volta!

A Pieraccini rispondo che in una seduta inaugurale non si può fare un programma definitivo. È come il capitano della nave che guarda la stella polare e poi, in base a quella stella polare, proporziona la tecnica. Questo proporzionamento della tecnica è il compito che noi svolgeremo nelle prossime sedute. Quindi né delusioni, né illusioni: certo che qualche cosa faremo per i più poveri e disagiati; e non soltanto «minestre», che pure hanno un loro peso!

Io ricordo, quando tornai a Firenze dopo la liberazione, quale gioia si provava per quelle minestre e come erano assediati coloro che le distrbuivano.

Evidentemente l’ideale è che ogni famiglia abbia un suo piccolo bilancio col quale provvedere ai suoi bisogni. Cercheremo di eliminare le minestre, come difatti stiamo facendo: all’Ente Comunale di Assistenza si davano 50.000 minestre al giorno, mentre ora sono quasi del tutto scomparse e sono nati i ristoranti di seconda categoria che, con poche lire, danno la possibilità di mangiare essendo serviti da camerieri in giacca bianca.

Abbasso quindi la minestra ed evviva i pasti! Evviva il lavoro fondamento della vita secondo il detto benedettino «Ora et labora». Quindi – caro Pieraccini – politica di lavoro.

Firenze ha larghi strati di popolazione che soffrono. Conosciamo il problema delle case e le faremo. Non so quando, ma le faremo! Voi avete visto dall’ordine del giorno Pieraccini che, quando presentate una dichiarazione che è conforme allo spirito di tutti gli uomini, che tocca la radice fondamentale di ogni creatura umana, tutti siamo d’accor-do. Quando invece si entra in certa tecnica spicciola, come quella che si riferisce al Patto Atlantico, la cosa è più complicata, perché tutte le cose hanno sempre due facce. Uno può vedere il Patto Atlantico da un angolo di visuale ed uno da un altro; ed allora è una cosa complicatissima. Di questo io non posso parlare e mi limito a constatare una cosa importante: che la dichiarazione di pace è conforme allo spirito di tutti gli uomini.

All’amico Fabiani rispondo che, per quello che concerne la bandiera nazionale, mi dispiacque che fosse stata tolta. Perche mai l’hai fatta levare? Non dico che tu l’abbia fatto per settarismo ma, se tu l’avessi lasciata, sarebbe stata una cosa tanto più bella! Comunque la tua chiarificazione in proposito è stata veramente opportuna e buona.

Stasera, in questa prima seduta, abbiamo fatto una cosa non regolare, perché il pubblico è stato troppo movimentato, ma quest’altra volta metteremo una regola, specialmente per le donne che sono le più indisciplinate. Comunque anche questa vitalità è bella!

Abbiamo cominciato i lavori del Consiglio con un augurio di pace ed è stato bene. Abbiamo terminato i lavori della seduta con un atto pubblico di pace, votato all’unanimità e ciò mi pare profondamente augurale.

L’augurio mio a tutto il Consiglio, opposizione compresa, è che questa pace sia costruttiva e si traduca in qualche cosa da fare: le case, i provvedimenti in favore della popolazione bisognosa e tutte le altre cose di cui abbiamo già parlato.