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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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La politica come coerenza di vita: l’esempio di Luigi Granelli.

È stato un combattente, sempre fedele agli ideali democratici cristiani. Il 4 dicembre, nella Sala della Regina di Montecitorio, si terrà un convegno per ricordarne la figura a 25 anni dalla scomparsa.

Sono trascorsi ormai 25 anni dalla scomparsa di Luigi Granelli. Rimane indelebile in me il suo ricordo. E la consapevolezza di quanto egli sia stato fondamentale nel motivare meglio le ragioni del mio impegno politico. Una memoria utile per rammentare cosa è la Politica quando vissuta nel profondo e con vero spirito di servizio alla comunità e agli ideali nei quali si crede e si dice di voler sostenere: idee, passione civile, capacità di testimonianza, disponibilità al sacrificio personale, intransigenza sui valori e virtù della mediazione possibile, spirito di servizio, impegno sociale, tensione etica, lotta anche dura quando serve per affermare, nel confronto democratico, un ideale, un principio, un pensiero. Capacità di accettare alti incarichi di responsabilità ma anche di sapervi rinunciare. E, per chi crede nel trascendente, per chi ha fede, rigorosa applicazione dell’approccio laico all’impegno politico. Che non è, come taluno superficialmente intende oggi, acconciandosi ad una certa semplificazione imperante quanto ignorante, emarginazione di fatto delle scelte della politica dalle osservazioni derivanti dalla fede, quanto invece affermazione coerente e decisa del principio conciliare dell’indipendenza dei laici rispetto alla gerarchia ecclesiastica nella assunzione di responsabilità in ordine al governo della cosa pubblica. Tutto ciò è stato, nella sua lunga milizia politica, Luigi Granelli.

Con la coerenza, la testardaggine, l’intransigenza di uno di quegli uomini che don Primo Mazzolari tratteggiava quali persone capaci di “servire in piedi”. Non ha mai rinunciato a nulla delle sue idee, Luigi, per conseguire modesti compromessi. O, al contrario, prestigiosi incarichi. Lo dimostrò da subito quando, trentenne e brillante esponente lombardo della corrente di Base, sorta pochi anni prima per modernizzare la DC e affermare l’autonomia politica dei cattolici, venne escluso dalla lista dei candidati alla Camera per un veto posto dall’Arcivescovo di Milano, il cardinal Montini.

Granelli scriveva a quei tempi, su il Popolo lombardo, periodico della DC milanese, e su Stato democratico, un quindicinale di grande impegno culturale e politico da lui fondato e diretto, articoli che invitavano la DC a guardare a sinistra aprendo ai socialisti finalmente affrancati dal frontismo comunista, rifuggendo così da ogni periodica tentazione di cedimento alla Destra, e affermando le ragioni dell’autonomia dell’impegno sociale e politico da quello religioso, anticipando di qualche anno gli esiti del Concilio.

Quel rifiuto non spinse Granelli lontano dalla DC. Anzi ne fece un testimone scomodo in grado di ottenere immensa stima personale anche da parte dei suoi avversari, interni ed esterni al partito. Moltiplicò gli sforzi divenendo l’emblema di un impegno politico serio e sempre coerente, ad ogni costo, alieno da qualsiasi compromesso o da qualsivoglia opportunismo.

In virtù di questa sua impagabile qualità Granelli non è stato solo protagonista di una carriera politica di assoluto livello: consigliere comunale a Milano e capogruppo, deputato, senatore, sottosegretario agli Esteri con Moro, parlamentare europeo, ministro (Ricerca Scientifica e Partecipazioni Statali), vicepresidente del Senato. E per ciascuno di questi incarichi si è scritto ma ancora si dovrà scrivere molto, volendo analizzare il contributo che quest’uomo ha dato all’ideale democratico cristiano e allo sviluppo democratico di questo paese.

Ma ancor più è stato uno straordinario trascinatore per i giovani cattolici democratici che negli anni Sessanta e Settanta hanno incrociato il vento della contestazione condividendone la tensione al cambiamento, all’impegno per la pace, alla solidarietà fra i popoli senza mai tracimare nell’intolleranza o nella violenza e senza accedere ad una visione marxista della società, a quei tempi tanto in voga.

Luigi era infatti un leader naturale. Possedeva, oltre a quella sua forza carismatica derivante dalla coerenza interiore cui si è qui accennato, una qualità oratoria e una logica argomentativa assolutamente strepitose. I suoi interventi nelle assemblee di partito, fossero nella più piccola sezione di provincia come nella direzione nazionale, nei convegni di corrente o nei congressi di partito, avevano l’incisività massima per suscitare nei presenti entusiasmo, convincimento, voglia di partecipazione e impegno. Così come i suoi comizi in piazza erano un reale spettacolo di oratoria, mai infarciti di mera sloganistica mirata a raccogliere facili applausi; al contrario erano veementi argomentazioni logiche, sviluppate lungo una scaletta consequenziale precisa, impreziositi da puntuali riferimenti culturali, soprattutto di natura storica.

Possedeva una evidente dote naturale che gli consentiva di comunicare idee e pensieri con la velocità dell’oratore in grado di non temporeggiare nella sequenza continua delle parole e al tempo stesso di sviluppare l’argomentazione concettuale in rigorosa successione logica. Con in più una assoluta abilità nella variazione dei toni della voce che inevitabilmente conduceva la platea ad applaudirlo numerose volte nel corso di un singolo intervento tanto era capace di mantenere alto il livello di attenzione dell’uditorio e la disponibilità di quest’ultimo a reagire in maniera empatica ed emozionale alle tesi esposte. Un’abilità essenziale per chi si è trovato, in molte circostanze, minoranza. Minoranza scomoda. Mai snob, però. Perché tutti sapevano che derivava da un convincimento ideale e da un ragionamento politico, mai barattati per convenienze personali. Una lezione preziosa, in ogni tempo, per chi si avvicina al grande impegno che si chiama Politica.