La “porta stretta” verso il futuro. Pensare insieme dopo il lockdown

La novità, tanto più se è radicale, la si mette meglio a fuoco insieme, specie in un mondo che durante il lockdown non è certo diventato meno complesso.

Riportiamo uno stralcio dell’editoriale del direttore del mensile “Aggiornamenti Sociali” (giugno 2020), Padre Giacomo Costa S.I.

Non c’è dubbio che la pandemia da COVID-19 costituisca uno choc epocale, di quelli che accadono una volta ogni generazione. Sono passaggi della storia, personale e collettiva, in cui la normalità quotidiana – del pensiero come dell’azione – entra in una sorta di sospensione, mentre l’orizzonte si stringe fino a farci dubitare che non ci sia più un futuro. Pian piano poi si comincia a intravedere un insospettato passaggio, magari angusto e tortuoso. Quando l’orizzonte si riapre, l’impressione è di trovarsi in un mondo nuovo, in cui è possibile quello che prima non si riusciva neanche a concepire come tale, ma in cui è sempre in agguato la tentazione della nostalgia e la spinta a provare a tornare indietro senza cambiare niente.

Per cogliere le opportunità inattese e non soccombere al rimpianto serve quindi capacità di visione e di immaginazione, serve uno sforzo personale e collettivo per riconfigurare il modo in cui si pensa e si agisce. E servono il coraggio e la volontà di farlo. Solo in questo modo si riesce ad attraversare gli choc. È così che la Grande depressione del 1929 aprì le porte a una politica economica radicalmente diversa, che siamo abituati a chiamare keynesiana, mentre, pochi anni dopo, il secondo conflitto mondiale diede alla luce il welfare State (il Rapporto Beveridge è del 1942) e il sogno di una casa comune europea libera dalla guerra. Sono queste le basi per lo straordinario periodo di prosperità e progresso (almeno in Occidente) degli anni del boom economico nel secondo dopoguerra.

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