Un’Europa disunita davanti alla guerra
Sono trascorsi oltre 1300 giorni dall’invasione armata dell’Ucraina da parte della Russia e – a parte le 19 sanzioni comminate dall’U.E. all’aggressore (peraltro mai illustrate nei dettagli e negli auspicati esiti) e il progressivo disimpegno di Trump dal massacro in atto con tutti gli impliciti e le evidenze del caso – le istituzioni politiche del mondo occidentale hanno reagito con sostegni militari non risolutivi del conflitto e ora i Paesi dell’U.E. stanno prendendo atto delle vere intenzioni di Putin che provoca e minaccia con presìdi dei territori e dei confini, con sorvoli aerei e incursioni di droni.
Le prese di posizione, nonostante una pletora di incontri mai drasticamente risolutivi (nemmeno nella considerazione dell’ipotesi di sospendere le acquisizioni dalla Russia di gas e petrolio, una scelta che avrebbe sferrato un duro colpo all’economia di Mosca), sono state una polifonia stonata per intensità differenti, indisponibilità ad azioni unitarie, dissonanti prese di posizione: in estrema sintesi un bailamme ben descritto da Mario Draghi come “evaporazione ed evanescenza” di una visione sostanzialmente acefala.
Indifferenza e disinformazione
Di converso è cresciuta nella pubblica opinione una sorta di indifferenza mista a insofferenza per il protrarsi del conflitto che – in misure diverse – ha sottratto risorse ed energie alle economie nazionali. Se la guerra in Ucraina durerà a lungo – perché la premessa dirimente è l’indisponibilità di Putin ad un accordo di pace – i soldati di un esercito europeo che un domani dovesse fronteggiare un’avanzata russa in Europa (che non è fantascienza) probabilmente non hanno ancora prestato il servizio militare nel proprio Paese.
Di converso cresce in modo allarmante l’infiltrazione filoputiniana in Europa e in Italia in particolare: ne scriveva un anno fa Alessandro Barbano sul Riformista citando la sistematica falsificazione della Storia nei libri di testo: Putin voleva liberare Kyiv dai nazisti, cacciare Zelensky e mettere al suo posto “gente per bene”, riprendersi i territori asseritamente russofoni e difendersi dalle provocazioni della NATO.
Ne scrive in questi giorni Angelo Allegri su Il Giornale, illustrando la sistematica mistificazione dei fatti e della loro storia nella sola narrativa ammessa dal Cremlino nell’unico libro di testo in uso nelle scuole russe: “Stalin grande leader, Ucraina nazista, Gorbaciov ingenuo, a Kyiv criminali di guerra e bande neonaziste che si sono impadronite del potere per dotare l’Ucraina di armi nucleari. Sarebbe stata la fine della civiltà e non era possibile permetterlo”, conclude il libro. “Da qui la necessità dell’operazione speciale avviata da Putin”.
L’inedita convergenza tra opposti populismi
Non stupisce più di tanto il proselitismo di cui ha fatto incetta la dottrina rascista – con ogni mezzo di propaganda e campagna acquisti – nelle forze politiche di estrema destra e di estrema sinistra europee, fomentando e sovvenzionando la falsificazione della realtà. Sorprende invece questa strana convergenza tra opposti populismi che si riscontra nelle invettive politiche e nella mistificazione di certo giornalismo.
Ancor di più emergono sentimenti di dubbio, negazionismo, disimpegno etico e culturale in larga parte dell’immaginario collettivo che sta bilanciando colpe e responsabilità in parti quasi uguali tra aggressori ed aggrediti: una distinzione che non vale più, offuscata dalla nebbia del qualunquismo e vanificata dalla lunghezza irrisolta del conflitto di cui non si vedono esiti positivi.
Due guerre, due misure
Nessuno è sceso in piazza a manifestare – a parte qualche mesto sventolio di bandiere della comunità ucraina in Italia – non ci sono stati cortei, devastazioni, atti di teppismo, scontri con le forze dell’ordine, non sono state bruciate bandiere o foto di leader politici, imbrattati muri, distrutti manufatti, invase le stazioni ferroviarie, lanciate bombe carta, messe in atto aggressioni fisiche.
Nessuna Flottilla è partita via terra o via mare per testimoniare vicinanza alla popolazione ucraina massacrata ogni giorno dai bombardamenti, privata della luce elettrica e dell’acqua; nessuna comprensione è stata espressa verso i bambini uccisi o rapiti e portati in Siberia, nessuna pietà per le famiglie distrutte e rimaste senza casa, per gli ospedali messi a ferro e fuoco, i centri commerciali ridotti a carneficina, le centrali nucleari prese di mira con pericoli catastrofici, in un contesto che ricorda l’olocausto dell’Holodomor.
Se lo chiede Ezio Mauro in uno splendido articolo su Repubblica: “Perché il blocco di opinione che prende nettamente posizione su Gaza e condanna il governo di Netanyahu, non sente il dovere di compattarsi nella denuncia dell’aggressione russa all’Ucraina?” […] “Come può la coscienza pubblica risvegliarsi in Medio Oriente con una chiara attribuzione di responsabilità a Israele (che però deve accompagnarsi alla richiesta di liberazione degli ostaggi da parte di Hamas) e confondersi a Kyiv, arenandosi nel Donbass?”.
Verità negate e lezioni dimenticate
L’iniziativa umanitaria è comprensibile, ma anche ad essa va applicato il criterio della proporzionalità delle azioni, specie se alimenta rigurgiti antisemiti, odio per gli ebrei e non condanna il comportamento criminale di Hamas ma finisce per giustificarlo o ignorarlo.
Il timore è che la risposta nasconda verità inconfessabili, dettate da deliberate manipolazioni nei disegni politici e suscettibili di previsioni ancor più miserabili e catastrofiche che ci ricordano che la Storia del ’900 non l’abbiamo imparata abbastanza.