“La problematica dc con tutte le persone e cose” che si porta dietro è un marasma giuridico difficilmente districabile. C’è di tutto: ci sono persone che provengono da un mondo lacerato da scissioni e da faide di vecchia data, che sulla falsariga di un atto di ordinaria giurisdizione facilmente impugnabile da chiunque, si sono attribuite doti carismatiche e capacità manageriali, salvo dissolversi al primo veto di Berlusconi o alla prima iniziativa di Salvini che si ritengono i legittimi proprietari di un’area di consenso che fu democristiana e in parte anche socialista; tanto è vero che i dirigenti dei rispettivi partitini stanno attaccati come cozze a Antonio Tajani che compare ogni giorno, come si può vedere, nel Tg5 o nella RAI e si rende visibile come il rappresentante del partito azienda di Silvio Berlusconi e di una parte (l’udc) di questa infinitesima e sparuta federazione che non procede per la sua rissosità e l’inconsistenza politica.
Nello stesso tempo il litigio sul simbolo dello scudo crociato alimenta vecchi e nuovi rancori e proietta una luce sinistra di ulteriori beghe legali sul patrimonio dc che, ricordiamolo, alla data del 1994, ammontava ad oltre 1000 miliardi di vecchie lire fra conti correnti e beni immobili in tutta Italia. L’autoproclamazione di qualcheduno ad amministratore della dc, avvenuta dopo una assemblea priva di valore legale, con prevaricazioni e sotterfugi (i famosi esercizi di furberia..) di comportamento violento e programmato con meticolosa cura per impedire a chi ne aveva facoltà e cultura politica, di svolgere l’unico ruolo possibile di traghettatore, è paradigmatica di esclusive mire patrimoniali al quale evidentemente si aspira.
Come fu confermato da comportamenti aggressivi e intimidatori rivolti verso alcune persone in particolare, da cui si temeva un’azione concreta di responsa-bilità e di piena autonomia. Sia la complicata situazione democristiana, dove il ruolo del Presidente sarebbe stato quello unicamente di “traghettatore “ verso un successivo e molto prossimo congresso di nuovi iscritti che avrebbe dovuto e potuto svolgersi a gennaio, con una dichiarazione al paese di una dc identitaria e saldamente ancorata alle sue radici popolari, sia l’esistenza poi di un movimento di base popolare così come sta venendo fuori, avrebbero garantito una effettiva presa di coscienza e una chiarezza programmatica che sarebbero state le uniche “cure e terapie possibili” per fare riemergere un partito dalla palude dell’inconsistenza politica e delle faide inter-ne alla dc.
L’alternativa è metterci sopra una pietra tombale. Il nostro movimento di laici e cattolici va avanti e avrà il compito di costituire la vera alternativa ai partiti attualmente presenti per una vera ristrutturazione dello Stato. È sufficiente fare un’analisi oggettiva e corretta di questi trent’anni di diaspora e di sbagliato accredito di fiducia ai vari centrodestra e centrosinistra che si sono alternati, per rendersi conto che la via non è quella tracciata da essi o dal populismo a cinque punte e leghista, ma dalla convinzione e dalla volontà di chi manifesterà, nei fatti, la messa in opera di azioni concrete per il bene comune di tutti i cittadini italiani ed europei, per una nuova democrazia ispirata alla nostra Costituzione e, per noi cristiani, anche alla DS della Chiesa.”