La propaganda del governo mette in scena l’autonomia differenziata.

Riparte la grande illusione del federalismo, sebbene sotto altre forme. Malgrado le rassicurazioni di Palazzo Chigi, non si vede all’orizzonte quale possa essere il meccanismo virtuoso in grado di garantire, al tempo stesso, l’estensione dell’autonomia regionale e la coesione nazionale. Siamo alla propaganda.

Cristian Coriolano

La versione più insidiosa del federalismo, essendo formalmente nel perimetro delle norme costituzionali, suscita non poche perplessità. Continua a dividere l’opinione pubblica e a provocare reazioni contrastanti. Nella maggioranza solo la Lega tiene alta la bandiera, mentre il partito di riferimento, Fratelli d’Italia, preferisce contenere e ammorbidire il progetto di riforma. Malgrado le abbondanti rassicurazioni, non si vede all’orizzonte quale possa essere il meccanismo virtuoso in grado di garantire, al tempo stesso, l’estensione dell’autonomia regionale e la coesione nazionale. Nella legislatura 2008-2013 si dette vita alla legge di delega n. 42 sul cosiddetto federalismo fiscale nella quale tutto gli equilibrismi tecnici attualmente riproposti erano fissati con puntigliosità. Ciò non produsse l’attuazione della riforma, visto il garbuglio di principi e procedure che il legislatore aveva immaginato. Adesso si tenta di ripercorrere la strada che nel recente passato è risultata impraticabile.

Comunque, il Consiglio dei ministri ieri ha approvato all’unanimità, in via preliminare, il disegno di legge preparato da Roberto Calderoli. Il ddl delinea la cornice entro la quale le Regioni potranno, in futuro, chiedere allo Stato il trasferimento delle funzioni e competenze definite dagli articoli 116 e 117 della Costituzione. Ora il testo dovrà passare all’esame della Conferenza unificata e poi del Parlamento. Nel frattempo la cabina di regia istituita in manovra avrà un anno di tempo per definire i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi (Lep), “nucleo invalicabile” per calcolare le risorse da destinare a ogni Regione per coprire le spese sostenute per il trasferimento dei servizi. 

“Puntiamo a costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa”, ha precisato Giorgia Meloni, in una nota diffusa in serata. “Il governo avvia un percorso per superare i divari che oggi esistono tra i territori e garantire a tutti i cittadini, e in ogni parte d’Italia, gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi. La fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi piu’ efficienti e meno costosi”.

In conferenza stampa la presentazione del ddl è stata affidata a Calderoli, insieme ai ministri Elisabetta Casellati e Raffaele Fitto. Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha parlato di “giornata storica”, mentre il segretario leghista Matteo Salvini ha voluto rivendicare “l’ennesima promessa mantenuta”. Al contrario, Silvio Berlusconi è stato più cauto. “Questo è l’avvio di un percorso – ha puntualizzato il Cavaliere –  che dovrà essere condiviso in Parlamento, dove il testo potrà essere ulteriormente migliorato, e che potrà ritenersi concluso soltanto dopo la definizione dei Lep e del loro effettivo finanziamento”.  

Già, l’effettivo finanziamento…Non è un dettaglio, bensì la sostanza del problema. Si prova a cambiare sistema, annuendo al discorso sulla razionalità del riordino dei rapporti tra Stato e Regioni, ma ci si dimentica di rilevare che nel presente e nel futuro, almeno a medio termine, non esistono spazi di bilancio per la politica di perequazione finanziaria, unica premessa credibile per l’innesco dell’autonomia differenziata. È un gioco di prestigio, quello che la destra utilizza per apparire coerente con le sue avventate promesse elettorali; un gioco, tuttavia, che genera tensioni di cui il Paese non avverte la benché minima plausibilità. Il governo, in sostanza, vuole fare propaganda.