Diciamoci la verità. Soprattutto noi democristiani, o ex democristiani, che dir si voglia. E cioè, il Centro nella politica italiana – e ieri come oggi le cose non sono affatto cambiate – ha un senso, un ruolo, una funzione e una mission se è protagonista.
Una verità che i centristi conoscono bene
Detto con altre parole, nel sistema proporzionale come in quello maggioritario la “politica di centro” e il Centro contano nella misura in cui riescono a condizionare realmente il corso della politica italiana. Certo, nel sistema proporzionale le cose sono radicalmente diverse. Basti pensare all’esperienza dell’intera prima Repubblica per rendersene conto. Con la storia concreta della Dc, indubbiamente, ma non solo con la Dc.
Una stagione, quella del proporzionale puro, che però non è all’orizzonte e, di conseguenza, è inutile soffermarsi. Semmai, l’attenzione va richiamata sull’attuale sistema maggioritario, anche se con la correzione proporzionale. E quindi la riflessione va calata attorno agli attuali due schieramenti maggioritari: il centrodestra e la sinistra.
Nel centrodestra: ruolo debole e poco visibile
Ora, è inutile farsi illusioni. In entrambi questi schieramenti il Centro può giocare un ruolo se incide politicamente ed è decisivo, altrimenti – per dirla con Bettini – si riduce a essere una semplice e banale “tenda”.
Ma, per andare con ordine, non possiamo non evidenziare almeno due aspetti oggettivi. Nel campo dell’attuale maggioranza di governo, è inutile girarci attorno, la leadership politica, culturale e programmatica è esercitata da Giorgia Meloni. Una leadership che, al di là delle chiacchiere della propaganda avversa, è frutto di un innato carisma politico. E, come amava dire Donat-Cattin, “in politica il carisma o c’è o non c’è. È inutile darselo per decreto”.
Ma da quelle parti, è altrettanto evidente, il ruolo del Centro è ancora troppo debole per riuscire a condizionare realmente il progetto politico complessivo della coalizione. E sin quando questo ruolo politico non viene reso sufficientemente visibile, sarà la stessa alleanza a essere denominata di destra-centro, con il ruolo delle forze centriste destinato ad avere un peso inesorabilmente marginale e periferico.
Nel “campo largo”: il Centro come tenda
Nel campo dell’attuale “campo largo”, invece, il Centro semplicemente non esiste. Fuorché si voglia chiamare Centro il partito personale di Renzi che, come ormai sanno tutti, è costretto a insultare quotidianamente la Premier per avere piena cittadinanza nella coalizione e, soprattutto, per poter strappare i pochi seggi parlamentari – per sé e i “propri cari” – messi gentilmente a disposizione dagli azionisti della maggioranza.
Perché sono proprio questi azionisti i veri leader che distribuiscono politicamente le carte. E cioè, in ordine di peso elettorale: Schlein, Conte, Fratoianni/Bonelli/Salis e Landini. Per gli altri, come si suol dire, c’è solo posto in piedi.
E non è affatto un caso che la “gamba moderata” che si deve mettere in piedi in vista delle elezioni sia gestita, ideata, pianificata, organizzata e curata direttamente dal Pd, attraverso l’operazione di “taglio e cuci” coordinata dal solito stratega delle alleanze, l’ex comunista (?) Goffredo Bettini. Appunto: da quelle parti, per il Centro, la collocazione individuata è in una “tenda”, o accampamento, o rifugio. È persin inutile commentare ulteriormente il peso politico che gli viene riconosciuto.
Calenda e la sfida centrista
Paradossalmente, almeno sino ad oggi, chi può declinare con maggiore coerenza e determinazione un progetto politico centrista è Calenda con il suo partito. Finché resiste, com’è ovvio.
Ecco perché, quando parliamo di futuro del Centro e della “politica di centro”, dobbiamo essere consapevoli che tale categoria, e quindi il progetto politico, avranno un senso e una mission credibili solo quando riusciranno a essere protagonisti – come partito o all’interno di una coalizione.
Altrimenti, e purtroppo, si tratta semplicemente di una blanda evocazione e di un richiamo perlopiù virtuale.