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lunedì, 15 Dicembre, 2025
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La solitudine del comando, specchio di società infragilite

Tra leaderismo solitario, partiti personali e crisi della rappresentanza, una riflessione sul potere nel Terzo Millennio, le sue derive psicologiche e, in ultimo, l’impoverimento della democrazia e della partecipazione.

Il leader, ovvero la solitudine del potere

È vero. Ritorno spesso con i miei appunti sul leader. Sulla leadership. Sulla “leaderpatia”. Sulle manie diffuse di comandare, e sulla voglia di diventare leader ed esercitare potere a tutti i costi. Pur non avendo dimenticato che la democrazia dei partiti politici ha bisogno, oltre che di regole, di qualcuno che piloti la sua macchina partecipativa e rappresentativa, il fatto per me sorprendentemente nuovo è che, nell’ultimo trentennio, non ho visto soltanto la comparsa nel mondo di un leaderismo solitario, cesarista, autocratico e tragico, capitalista o neozarista che sia.

Ma soprattutto in Italia ho notato un fiorire incredibile di partiti e partitini personali, spesso con poco seguito elettorale, ma sempre prigionieri di una sorta di individualismo politico, che consiglia di camminare da soli e mai di unirsi agli altri su alcuni valori democratici e sociali di base. Un modello di autonomia e di sovranismo partitico isolato, inutile e fuori dalla storia, ma ancora presente anche fra gli Stati europei, che evitano un’Europa politica federata e unita proprio nel momento in cui essa viene attaccata e delegittimata dai tycoon nuovi ricchi con i loro amici 2.0 e dai neozaristi del mondo, portatori di ambizioni imperiali ed espansionistiche, spesso convinti di essere stati selezionati dal Signore.

 

L’effetto proliferazione

Ricordo che nelle ultime elezioni politiche italiane sono stati presentati ben 101 contrassegni fra partiti e liste civiche; ne sono stati ammessi 75; e ne sono comparsi circa 27 — da soli o coalizzati — sulla scheda elettorale. Un fiorire di partiti personali con 101 leader autoproclamatisi in solitudine, che hanno prodotto, oltre alla crisi del leader in carne e ossa e del partito in formato analogico, anche la crisi del partito politico solido degli iscritti e dei simpatizzanti.

È così comparso il partito liquido digitale da remoto, il leader con i suoi follower, la frammentazione dell’offerta e della rappresentanza. Un processo che ha generato confusione nell’elettorato e che, secondo alcuni studiosi, ha contribuito a creare le premesse dell’assenteismo che oggi registriamo.

Il momento carismatico nella riflessione di Weber e Ferrarotti

Ciò che da sempre mi fa pensare è l’assenza di veri e approfonditi studi sui profili psicologici dei leader del Terzo Millennio. Studi sui caratteri, quasi del tutto assenti nel dibattito pubblico su capi partito, premier o presidenti, tycoon palazzinari o imperatori neozaristi che siano. Alle loro spalle sembra spirare un certo senso religioso protestante di predestinazione alla ricchezza, al potere e all’espansione imperiale, per grazia divina ricevuta e perché selezionati da Dio.

Un’etica calvinista, tutta concentrata sull’individuo in rapporto diretto con Dio, senza chiesa né sacerdoti di mezzo, come ci ha spiegato Max Weber e come ha ricordato con grande chiarezza Franco Ferrarotti in un suo libro ormai classico. Studi che dovrebbero interrogarsi sul ruolo relazionale e comunitario che questi leader dovrebbero esercitare in una democrazia, sulle modalità della loro selezione e, soprattutto, sulle loro caratteristiche psicologiche e culturali, spesso discutibili quando non pericolose e tragiche, come quelle che oggi osserviamo nel mondo.

Cosa si nasconde e cosa c’è dietro

Indagare sul perché e con quali scopi, reconditi o palesi, un uomo si offra alla politica e scenda nell’agone della dialettica partitica non è un peccato. È anzi necessario conoscere in quale sfera del pre-politico egli abbia attinto le idee dei propri convincimenti, dei comportamenti, del linguaggio e delle posture.

Per questi scopi non bastano il titolo di studio, i libri pubblicati o il curriculum da attivista. Servirebbe un vero e proprio test attitudinale. Studi oggi assenti, ma utili alla democrazia politica partecipata, se ancora ci crediamo e se non vogliamo delegare tutto al leader autocrate di turno, con lo sguardo rivolto alla Roma dei Cesari e noi relegati in casa, lontani dai seggi, in pantofole e con il cellulare in mano.