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sabato, 9 Agosto, 2025
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La spada della giustizia sulla politica

È la via giudiziaria al potere. Da strumento ideologico del vechio Pci a prassi trasversale: un vizio che mina la democrazia e la Costituzione, alimentando delegittimazione e conflitto permanente. Una costante politica, culturale ed etica.

No, non è uno slogan. E neanche solo un’arma di propaganda politica. Anzi, la possiamo quasi definire una costante: politica, culturale e soprattutto etica.

Parliamo di quella che comunemente viene definita come “la via giudiziaria al potere”. Una prassi che appartiene ideologicamente ed ontologicamente alla sinistra italiana, nella sua versione comunista prima e in quella populista e giustizialista poi.

È appena il caso di ricordare, per chi l’avesse dimenticato o avesse poca memoria storica, il sistematico attacco “moralistico” e “giudiziario” del PCI contro il “malgoverno e la corruzione della Democrazia Cristiana”. Per non parlare, com’è altrettanto noto, dell’attacco frontale del PCI – politico e anche e sempre di natura moralistica e giudiziaria – ai suoi principali leader e statisti: da Donat-Cattin, il più bersagliato, ad Andreotti, dallo stesso Moro a Cossiga e via elencando.

Dal Pci al populismo grillino

Una tecnica che si è perfezionata con l’avvento della Seconda Repubblica e dopo l’irruzione del populismo giustizialista dei grillini, che è poi diventato la cifra ideologica quasi esclusiva dell’attuale sinistra italiana contro il nemico giurato da delegittimare: prima sotto il profilo morale e poi da distruggere sul versante politico e giudiziario.

Ma, se vogliamo essere intellettualmente onesti, non possiamo non evidenziare che la “via giudiziaria al potere” appartiene di diritto al pantheon della sinistra italiana ma con discreti e convinti compagni di viaggio. È a tutti noto, del resto, che larghi settori della destra italiana – per non parlare della Lega originaria di Bossi – individuavano proprio nella “via giudiziaria al potere” la strada principe per abbattere l’avversario politico.

Il ruolo della stampa e la deriva antidemocratica

È anche inutile, al riguardo, ricordare che la stragrande maggioranza della carta stampata del nostro Paese – che appartiene prevalentemente alla sinistra nelle sue multiformi espressioni – ha sempre accarezzato e condiviso la deriva della “via giudiziaria al potere”. Una deriva, è bene non dimenticarlo, che era e resta profondamente antidemocratica e, soprattutto, anticostituzionale, al di là del quotidiano ed ipocrita giuramento ai valori e ai principi costituzionali.

Insomma, parliamo di una deriva che, anche se blandamente respinta a livello verbale, viene sistematicamente praticata a livello politico. E prima o poi riemerge prepotentemente all’attenzione. È come un fiume carsico che corre nel sottosuolo, ma basta un fischio – come si suol dire – e torna centrale nella strategia dei partiti che la cavalcano.

Un pericolo per la qualità democratica

Una scorciatoia pericolosa e al tempo stesso inquietante per chi coltiva l’obiettivo di rafforzare la qualità della nostra democrazia da un lato e la credibilità delle istituzioni democratiche dall’altro. Altroché la democrazia dell’alternanza, il rispetto dell’avversario che non è mai un nemico, la negazione dell’odio nella vita politica e la centralità dei programmi.

Qui non siamo, com’è sufficientemente chiaro a tutti coloro che non vivono di pregiudiziali politiche ed ideologiche, solo al “tanto peggio tanto meglio”. Ma, semmai, ci troviamo di fronte alla tenace e pervicace volontà di distruggere il nemico politico non attraverso il mero gioco democratico – cioè con il voto – ma ricorrendo a tutti i mezzi leciti e non pur di abbattere l’odiato avversario.

Dunque, un vizio antico che richiede vigilanza

Ed è proprio lungo questo percorso che si inserisce e si incrocia la “via giudiziaria al potere”: una prassi ben nota e conosciuta nella politica italiana, proprio perché parte da lontano.

Per queste ragioni, semplici ma oggettive, è compito delle forze autenticamente e costituzionalmente democratiche unirsi affinché questa deriva non abbia di nuovo e definitivamente il sopravvento. Anche perché, se ciò dovesse consolidarsi per davvero, sarebbe il nostro impianto democratico e costituzionale ad andare irreversibilmente in crisi, aprendo le porte a una democrazia autoritaria da un lato e priva di quelle garanzie, dall’altro, che hanno permesso al nostro Paese di vivere, almeno sino ad oggi, in un contesto democratico e liberale.

E non in quella che comunemente viene definita come “repubblica giudiziaria”.