Perseguita con nevrotico accanimento la distruzione fisica del suo oppositore Navalny, nonostante la somma di tutti poteri nelle sue mani, Putin ha il chiaro intento di dare una lezione a chi volesse opporsi. Un’altra opposta lezione è quella di Navalny che dà in pasto al dittatore il bene supremo della vita perché si sappia che non c’è alternativa alla riconquista della libertà contro il tiranno. La sfida della popolazione in massa alle esequie è equivalso all’affermazione “Era uno dei nostri!”, e quindi dall’altra parte del potere costituito!
La resa alla madre del corpo del figlio, pur rendendo impossibile un’autopsia per l’accertamento delle ragioni del decesso, testimonia che la ferita non sarà risanata senza un cambiamento radicale di scelte politiche tra le quali un nuovo rapporto con l’Europa e con il fronte democratico occidentale.
È di conforto la posizione assunta da Papa Francesco in ordine alla distinzione tra popoli e rispettivi governi. Sono i primi a soffrirne con il prezzo più alto di vite umane, come in Ucraina, e con i sacrifici imposti dalle sanzioni, come in Russia. La spallata morale e politica di Navalny alla feroce tracotanza del Cremlino ridà slancio a quelle voci che vorrebbero un nuovo rapporto con l’Europa. Ma condizione di un mutamento radicale è che Putin non vinca in Ucraina e che gli aiuti richiesti arrivino in tempo, vincendo la resistenza opposta dai repubblicani, su ordine di Trump, al Congresso degli Stati Uniti.
Non è un caso che in una situazione così complicata il presidente Macron ipotizzi persino la possibilità di un intervento diretto dell’Unione europea, subito bloccato però da chi ritiene che ciò costituirebbe un ostacolo ulteriore verso la ricerca di una possibile pace.
Su questa linea Papa Francesco si è attestato con una netta distinzione di responsabilità, non confondendo i popoli da salvare e i governi da condannare, essendo spinti da volontà di dominio. Pur nella sua generosa ma poco coesa testimonianza, il mondo cattolico non riesce a rilanciare un’iniziativa sull’esempio di Giorgio La Pira, il quale seppe offrire opportunità di dialogo fra le nazioni, specialmente attraverso le loro comunità locali e nonostante i vincoli della guerra fredda. Ricordiamolo bene: questa delle autonomie è la strada maestra che ha fatto sempre dell’Europa il grande polo attrattivo, specie nei confronti dei monoliti autoritari.