Siete interessati alla storia dell’apporto dato dai cattolici democratici all’Italia e alla sua civiltà nella fase peggiore della sua storia unitaria, i cinque anni della guerra mondiale e i primi anni del secondo dopoguerra? L’apporto fu essenziale, determinante, risolutivo. Il contributo dei cattolici democratici, anche successivamente, è stato comunque ricco di spunti e di direttrici operative, con alterne vicende. Questo clima è durato fino al 1978, l’anno dell’assassinio di Aldo Moro, che è anche l’assassinio della DC, per poi trascinarsi fino alla fine degli anni Ottanta del secolo XX, ossia fino alla fine ufficiale e definitiva del movimento politico organizzato e del brand “Democrazia Cristiana”. Con il 1978 ci sarà una specie di oblio definitivo dei concetti fondamentali e dei valori da porre alla base della convivenza civile originariamente espressi trentacinque anni prima, una sorta di improponibilità.
L’ultima delle ragioni d’essere del partito, il contrasto del comunismo, viene meno con il crollo del Muro. In realtà, il dato essenziale degli anni Quaranta è il dialogo degli esponenti laici con i protagonisti cattolici: in qualche misura, i laici non avrebbero potuto far rifulgere i tesori della loro mente senza il preventivo incontro con i pensatori cattolici. Così avviene in effetti per i due partiti del CLN più intrinseci al dato culturale e civile e allo sviluppo del pensiero, il Partito d’Azione (si pensi a Ugo La Malfa e a Raffaele Mattioli) e la Democrazia del Lavoro (si pensi a Meuccio Ruini). In breve tempo, i pensatori soprattutto cattolici ma anche laici tra il 1940 e il 1943 mettono a punto le loro formulazioni sotto il decisivo impulso di due personaggi essenziali: Alcide De Gasperi e Sergio Paronetto.
I due si inoltrano solitari nel deserto, dove si sono disseccate le fonti della morale, del diritto e dello Stato di diritto, della convivenza civile regolata, dell’interesse pubblico, del bene comune. Cosa avviene in pratica? Dal 1940 De Gasperi si pone il problema a) di creare un nuovo partito dei cattolici democratici che non abbia, culturalmente parlando, nulla a che fare – se non per la tradizione della presenza dei cattolici in politica – con il precedente Partito Popolare di don Luigi Sturzo. De Gasperi percepisce che, tra l’altro, la Santa Sede non sarebbe felice di una riedizione sic et simpliciter del Partito Popolare; Luigi Sturzo su questo è pienamente d’accordo; b) di delineare un programma politico che sottolinei le differenze sostanziali rispetto alle grandi opzioni ideali in campo: liberali, liberal-socialisti, socialisti, comunisti; quelli cioè che hanno scelto di rifarsi alle vecchie militanze del 1922-1925 e di riprendere il discorso di proposta politica esattamente da lì dove si era interrotto.
De Gasperi pensa a un rinnovamento completo, pervasivo, radicale.