La stagione dell’Ulivo, almeno così pare, ritorna d’attualità. Una stagione che, è sempre bene non dimenticarlo, ha segnato uno dei punti più alti – e certamente il più significativo della seconda repubblica – della coalizione di centro sinistra nel nostro paese. Certo, una stagione contrassegnata da molti elementi, positivi e anche negativi, ma sono e restano 2 i punti essenziali che giustificano, oggi, la riproposizione, seppur in forma aggiornata, di quel progetto politico.
Innanzitutto la centralità della coalizione al di là di qualsiasi “vocazione maggioritaria” di qualche partito e la indispensabilità della riproposizione della “cultura delle alleanze”. Che resta uno dei caposaldi centrali della cultura cattolico democratica e popolare. In secondo luogo la stagione dell’Ulivo ha permesso ai vari partiti che si riconoscevano nella coalizione la possibilità di salvaguardare la propria identità all’interno di una quadro più ampio. Un quadro che, tuttavia, prevedeva una forte convergenza politico e programmatica.
È ovvio che, oggi, quasi si impone la necessità di ricostruire dalla fondamenta la “cultura delle alleanze” nel nostro paese. E questo perchè siamo reduci da una stagione dominata dal trasformismo, dall’opportunismo e dal populismo. Una cornice che, di fatto, ha azzerato alla radice qualsiasi cultura delle alleanze perchè ha posto al centro dell’attenzione la sola conquista e, soprattutto, la permanenza al potere. Non a caso, in questi anni – in particolare dopo il voto del marzo del 2018 con la schiacciante vittoria delle forze populiste – le alleanze politiche sono diventate un elemento del tutto residuale nello stesso dibattito politico e culturale del nostro paese. E la ragione di tutto ciò è molto semplice e risiede nel fatto che quando domina il trasformismo la coerenza nel costruire le alleanze di governo è un fenomeno del tutto trascurabile se non addirittura nocivo ai fini della conquista del potere. E così è puntualmente avvenuto in questi ultimi 3 anni dopo le elezioni nazionali.
Adesso, e anche grazie all’intervento di Enrico Letta nel giorno del suo insediamento come segretario nazionale del Partito democratico, è possibile ritessere le fila per ricostruire dal basso, forse addirittura per rifondare, una rinnovata coalizione dal basso. Certo, si deve realmente ripartire dal basso. L’alternativa, purtroppo, non è che la prosecuzione di una prassi che incrocia il caos e la confusione. Serve un disegno politico preciso e una coerenza delle rispettive forze politiche. Certo, l’Ulivo non è replicabile come molti di noi l’hanno conosciuto e teorizzato. Ma un dato è abbastanza sicuro. Ovvero, una coalizione è credibile se contiene almeno 3 ingredienti: un progetto di governo serio e percorribile; forze politiche che perseguono con coerenza quel progetto e, soprattutto un “federatore” che sappia anche unificare e rendere plastico e pubblico quel progetto. E cioè, il punto di riferimento e di sintesi della intera alleanza.
Ecco perchè, oggi, l’Ulivo può riprendere il suo cammino, in una versione aggiornata e moderna. Ma servono coerenza, coraggio e assunzione di responsabilità. L’esatto opposto di quello che è capitato in questi ultimi anni. Anni confusi, caotici e per molti versi contraddittori. Occorre voltare veramente pagina.