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mercoledì, 24 Settembre, 2025
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La tentazione, giusta, del Centro autonomo

Un progetto riformista e moderato può tornare a essere decisivo per la stabilità del sistema politico e per la qualità della democrazia italiana.

Un Centro non fuori luogo

Se la tesi dell’amico Dario Franceschini risponde ad una verità politica e ad un quadro sufficientemente oggettivo – e probabilmente è proprio così – la tesi di ricostruire un Centro autonomo e distinto dai due schieramenti maggioritari non è affatto così peregrina o destituita di fondamento.

Se, cioè, la radicalizzazione del conflitto politico da un lato e la crescente polarizzazione ideologica dall’altro diventano i pilastri costitutivi attorno ai quali si costruiscono gli stessi equilibri politici, non dobbiamo affatto stupirci se all’orizzonte può tornare di attualità, e forse anche utile, un polo autenticamente e schiettamente centrista, riformista e di governo.

L’opportunità di un nuovo equilibrio

Certo, non si tratta di un polo politico che possa competere elettoralmente con i due blocchi principali. Ma è indubbio che se ritorna un sistema tendenzialmente proporzionale – e su questo versante ha ragione la Premier Giorgia Meloni ad impegnarsi in prima persona e sino in fondo – un progetto centrista non è affatto fuori luogo o fuori tempo.

Anzi, può diventare, e paradossalmente, un luogo non solo decisivo ai fini stessi della stabilità del sistema politico ma, addirittura, può essere l’elemento che misura la credibilità della stessa cultura di governo che esprimono i due schieramenti maggioritari.

Il clima politico avvelenato

Del resto, la radicalizzazione del conflitto politico è destinata ad aumentare sempre di più. Se neanche di fronte alle violente devastazioni di questi giorni ad opera dei cosiddetti “pro pal” nelle varie città italiane si è riusciti a dare una lettura politica comune da parte di molti partiti delle due coalizioni, non c’è affatto da stupirsi se un segmento crescente della pubblica opinione richiede anche e soprattutto una politica ispirata al buon senso, alla moderazione e al rispetto delle basilari norme democratiche e costituzionali.

È stato sufficiente registrare le dichiarazioni di Schlein, Fratoianni, Bonelli e Conte da un lato e di Salvini dall’altro per arrivare alla conclusione – abbastanza semplice e netta – che la delegittimazione morale e la criminalizzazione politica dell’avversario/nemico non sono più una semplice eccezione rivendicata da segmenti politici minoritari ma, paradossalmente, sono diventati quasi la regola principale di comportamento dei partiti e dei rispettivi gruppi dirigenti.

Il bisogno di un progetto riformista

Per queste ragioni, semplici ma oggettive, la sfida – che dev’essere coerente nonché coraggiosa – di rilanciare, oggi, un progetto credibilmente centrista e di governo non è più un diversivo, una tentazione testimoniale o una scorciatoia opportunistica o meramente strumentale.

Forse ancora di più rispetto alla stagione del primo Ppi, c’è bisogno di centro, di cultura politica di centro e di un progetto politico autenticamente riformista. Perché se negli anni ‘90 la democrazia dell’alternanza si costruiva sulla base di un credibile centrosinistra alternativo ad un altrettanto credibile centrodestra, oggi siamo alle prese con una deriva radicale che estremizza inesorabilmente le singole posizioni a danno della qualità della democrazia, della credibilità delle istituzioni e, soprattutto, della stessa efficacia dell’azione di governo.

Una sfida da sostenere

Ecco perché chi si appresta a progettare un’offerta politica centrista, autonoma e distinta dai due schieramenti, va forse sempre di più assecondato e sostenuto.