Quello che più colpisce dell’allegro disordine con cui i partiti italiani hanno votato sugli aiuti a Kiev in quel di Strasburgo è il prima e il dopo. Senza che si siano posti una domanda prima di votare, senza che abbiano dato una spiegazione il giorno dopo. Quasi che l’argomento potesse venire derubricato a cronaca minore, neanche fosse un irrilevante emendamento al decreto milleproroghe.
Le uniche eccezioni alla regola di questo copione sono alcuni pensosi e noiosi editoriali, stilati a mo’ di prediche sdegnate (tra i quali queste poche righe). Con il che si sancisce la quasi irrilevanza della politica internazionale ai fini della governabilità del paese. Può capitare così che i partiti si dividano al loro interno e che poi, invece, maggioranza e opposizione si ritrovino infine a votare lo stesso testo, salvo ricominciare a randellarsi un attimo dopo.
Un bailamme che si sperava di non vedere. Eppure era una regola aurea della vita repubblicana che su questi argomenti si fondasse l’intero equilibrio della governabilità. Laddove i partiti potevano litigare su tutto, ma dovevano poi inesorabilmente ricomporre la loro unità sugli affari del mondo. Regola mai infranta in anni e anni di litigi su ogni altra questione.
Ora invece capita che ognuno vada per suo conto. E che l’indomani l’argomento venga archiviato con noncuranza. Salvo dar fuoco alle polveri su mille questioni minori che vengono drammatizzate come se ne dipendesse il destino del paese. Peccato che quel destino rischi piuttosto di scivolare verso l’irrilevanza ogni volta che sui nostri doveri e le nostre alleanze internazionali si pratica la libera uscita.
Fonte: La Voce del Popolo – Giovedì 26 settembre 2024
[Testo qui riproposto per gentile concessione del direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]