Dibattito | Coalizioni fragili, centro sinistra più che fragile.

C’è un grande rimpianto del vecchio e tradizionale centro sinistra. Quello di Marini e D’Alema o quello di Veltroni e Franceschini per capirci. Oggi, purtroppo, non possiamo neanche più parlare di centro sinistra.

Certo, fa una certa impressione definire l’attuale “campo largo” una sorta di coalizione politica e programmatica. Meglio definita come alleanza di governo. Per chi è approdato alla politica con i governi guidati dalla Dc con i suoi storici alleati nella tanto deprecata e sbertucciata prima repubblica o per chi, tramontata la Dc e quel sistema politico ha sperimentato i governi del centro sinistra dell’Ulivo contrapposti a quelli del centro destra a guida berlusconiana, prova un misto di imbarazzo e difficoltà a giudicare/commentare le attuali alleanze o coalizioni. E, nello specifico, quello che viene simpaticamente definito come “campo largo” o, ancora più goffamente, “Fronte popolare”.

E questo perché non c’è tema, argomento, questione o progetto che non veda una radicale e quasi scientifica contrapposizione tra i vari protagonisti all’interno di questa sedicente alleanza. Perché rispetto ad un passato anche solo recente, quello che maggiormente inquieta ed impressiona è che non c’è solo una totale incompatibilità personale tra i vari capi partito – il che è già un fatto politicamente curioso nonchè un po’ squallido – ma c’è pure una divaricazione radicale sui contenuti. Ovvero su temi e argomenti che sono in cima all’agenda politica di qualsiasi governo. Ovvero, dalla politica estera alla politica industriale, dai grandi investimenti legati alle infrastrutture alla politica sociale, dal modello istituzionale alla riforma costituzionale, dalle alleanze internazionali a quelle interne alla coalizione, dai temi dell’immigrazione al riassetto degli enti locali.

Insomma, una babele di lingue, di confusione, di caos e di feroci contrapposizioni politiche e programmatiche che fa del “campo largo” solo una sorta di pallottoliere unito da un odio ideologico implacabile nei confronti di un nemico che, a loro parere, va prima annientato a livello morale e poi distrutto a livello politico. Al punto che, per fermarsi alla notizia di appena ieri pomeriggio, i renziani – cioè il partito personale di Matteo Renzi – voteranno liberamente e secondo coscienza, come si suol dire, alle prossime elezioni della Regione Liguria perchè quel partito ha ricevuto un veto politico, personale ed ideologico definitivo da parte dei populisti di Conte che non vogliono nella coalizione alternativa al centro destra la presenza della formazione dell’ex rottamatore fiorentino.
Ora, e come tutti sanno, l’unico elemento che dovrebbe tenere unita questa sorta di cartello elettorale è la lotta senza tregua per non “far tornare il fascismo”, contro la “deriva illiberale”, contro “la sospensione della democrazia”, contro la “negazione delle libertà democratiche” e, dulcis in fundo, contro “la violazione dei principi e dei valori costituzionali”. Nobili principi e altrettanto nobili motivazioni politico e culturali. Peccato che nell’Italia contemporanea questi rischi esistono solo nella testa e nella propaganda di chi quotidianamente li spaccia all’opinione pubblica. Attraverso le prediche di singoli esponenti politici della sinistra, dei gazzettieri dei quotidiani “amici” e le prediche degli ormai noti e noiosissimi conduttori dei vari talk televisivi sulle rispettive reti.

Ecco perché c’è un grande rimpianto del vecchio e tradizionale centro sinistra. Quello di Marini e D’Alema o quello di Veltroni e Franceschini per capirci. Oggi, purtroppo, non possiamo neanche più parlare di centro sinistra. Ma, molto più modestamente, di un banale e quasi ridicolo pallottoliere cementato da un implacabile odio ideologico contro un nemico politico che, purtroppo per loro, non esiste neanche all’orizzonte.