La Voce del Popolo | L’errore passato non giustifica l’errore di oggi.

L’attuale maggioranza può difendersi segnalando le innumerevoli volte in cui l’opposizione di oggi, maggioranza di ieri, ha fatto più o meno allo stesso modo. Valga per tutti l’esempio del titolo quinto sulle autonomie.

Quello che più inquieta nelle “riforme” che vengono proposte (il premierato, e soprattutto l’autonomia regionale) è quel carattere di trofeo che si vuol dare loro. Come se mettere mano ai delicatissimi ingranaggi della cosa pubblica fosse sempre una prova di forza, un modo per attestare un primato. E non la ricerca delle soluzioni giuste a prescindere dal momentaneo (molto momentaneo) van- taggio di parte.

È come se si pensasse di riformare lo Stato con l’occhio rivolto ai telegiornali della sera. Così la ricerca di un vantaggio momentaneo prescinde da ogni sguardo più lungimirante rivolto al futuro del paese. Alle prossime generazioni, come avrebbe detto De Gasperi.

Certo, l’attuale maggioranza può difendersi segnalando le innumerevoli volte in cui l’opposizione di oggi, maggioranza di ieri, ha fatto più o meno allo stesso modo. Valga per tutti l’esempio del titolo quinto sulle autonomie, votato dal centrosinistra ulivista a ridosso delle elezioni del 2001 nel vano tentativo di rincorrere la Lega di Bossi scendendo sul suo stesso terreno. Una cattiva riforma che oggi non a caso viene evocata come progenitrice del nuovo “capolavoro” del recidivo ministro Calderoli.

E tuttavia un errore passato non giustifica un errore presente. E tutti e due sembrano annunciare un futuro assai inquietante. Mentre l’Italia dovrebbe affacciarsi sulla prospettiva europea con una più chiara idea di sé, accade invece che si inducano le regioni a una contesa che si annuncia inevitabilmente distruttiva. Scelta antinazionalista, viene da dire. Non proprio patriottica.

 

Fonte: La Voce del Popolo – 27 giugno 2024

[Articolo qui riproposto per gentile concessione del direttore del settimanale della diocesi di Brescia]