La voce di un dissidente: un prete russo contro la guerra.

Tradimento della fede? Afanasij Bukin, il prete che ha sfidato Kirill, racconta la sua rottura con la Chiesa russa. "Neo-conservatorismo estremo e culto del militarismo": queste le sue accuse.

Lo ieromonaco Afanasij (Bukin) è uno dei tanti sacerdoti russi contrari all’aggressione nei confronti dell’Ucraina, e a febbraio del 2023 ha abbandonato la missione della Chiesa ortodossa russa a Gerusalemme, spiegando questa sua scelta con una lettera aperta. Per decreto del patriarca Kirill è stato sospeso e quindi ridotto allo stato laicale, oggi vive in Belgio e sta preparando una tesi all’università di Leuven, e ha raccontato a Radio Svoboda la sua esperienza e le sue riflessioni sulla tragedia che sta vivendo l’ortodossia russa.

A Gerusalemme padre Afanasij, nato nel 1988 a San Pietroburgo, è rimasto quattro anni, avendo una buona conoscenza del greco moderno che era molto necessaria per accogliere i tanti pellegrini ortodossi, facendo spesso anche da interprete al patriarca Teofilo III. Durante il Covid si è occupato principalmente del sito della missione e di iniziative editoriali, oltre ai turni del servizio liturgico. Ora sta cercando di approfondire le prospettive ecclesiologiche di Oriente e Occidente, da San Giovanni Crisostomo a Sant’Agostino, anche per capire come è stato possibile che i vertici della Chiesa ortodossa russa siano scivolati nel “neo-conservatorismo estremo, fino al culto del militarismo e del neo-imperialismo”.

A suo parere, il patriarcato di Mosca ha fatto nel periodo post-sovietico “un passo indietro e due in avanti”, accompagnando le tendenze in atto nello Stato russo. Dopo qualche apertura, con il dialogo con le altre Chiese che sembrava “estremamente interessante, e stimolava la creatività intellettuale”, si è passati alla chiusura totale, con grande delusione di chi si era dedicato ai rapporti esterni, come lo stesso padre Afanasij. Sembrava che si potesse finalmente arrivare a una nuova traduzione della Bibbia in russo corrente (l’ultima è stata fatta 200 anni fa, senza il crisma dell’ufficialità), integrando i grandi sviluppi della teologia russa all’estero nel periodo sovietico, ma improvvisamente si è “rialzata una barriera conservatrice, che si è messa a denunciare qualunque apertura pericolosa per la nostra salute spirituale”.

 

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