Non fare di tutta l’erba un fascio
Non possiamo fare di tutta l’erba un fascio. Nello specifico, non possiamo confondere il profilo e la storia dei singoli centri sociali nel nostro paese. Certo, molte realtà che sono disseminate in Italia contengono un barlume di violenza al proprio interno. Ma è indubbio che molti centri sociali svolgono anche e soprattutto un ruolo culturale, associativo, di reale volontariato e di sincera integrazione nel proprio singolo territorio o area di riferimento.
Ma è altrettanto indubbio, per non essere ipocriti, che ci sono centri sociali semplicemente pericolosi. E non solo per l’occupazione abusiva dei locali in cui bivaccano ma anche, e soprattutto, per l’attività che dispiegano concretamente.
Il caso Askatasuna
Tra questi rientra a pieno titolo il centro sociale di cui oggi si dibatte in Italia, ovvero Askatasuna. Un centro sociale che, purtroppo, in questi ultimi anni si è particolarmente distinto e caratterizzato anche e soprattutto per la sua attività violenta.
Dalla Val Susa con la Tav all’attacco violento a diversi centri nevralgici e produttivi di Torino e del Piemonte, dalla partecipazione diretta a manifestazioni violente in giro per l’Italia all’attacco diretto e criminale contro le Forze dell’Ordine.
Un tema rimosso dal dibattito pubblico
Detto questo, c’è però un aspetto non secondario che continua a non essere analizzato ed indagato con la dovuta attenzione. Non solo da parte di chi, giustamente, ne denuncia l’estrema pericolosità ma anche e soprattutto da parte di coloro che ne appoggiano le gesta.
E a Torino, come ben sappiamo, sono tanti e sono trasversali. A livello politico come sul versante giornalistico, dal fronte accademico a molte realtà cosiddette progressiste e di sinistra.
La domanda decisiva: chi paga
Detto con altre parole, però, chi finanzia concretamente l’attività – forse anche quelle violente e di addestramento militare o di guerriglia urbana nel fronteggiare le Forze dell’Ordine – dei centri sociali che non si limitano a svolgere un ruolo culturale, associativo e di volontariato sociale?
E questo perché quando si parla di realtà come Askatasuna non si può non affrontare anche questa dimensione. Spostarsi in Italia, addestrarsi forse militarmente, pianificare le azioni contro il “nemico” e una serie di attività in capo a questo specifico centro sociale richiedono anche ingenti mezzi finanziari.
Seguire il flusso delle risorse
Ecco perché attorno al pianeta Askatasuna non esiste solo la violenza – manifesta, plateale e visibile anche da un marziano –, la propaganda violenta e l’attacco alle Forze dell’Ordine e la devastazione di settori ben individuati nella città, ma va affrontato anche il tema del finanziamento concreto a questa realtà.
Forse è arrivato il momento, oltre alle coperture politiche, giornalistiche, sindacali, culturali ed accademiche, di approfondire il capitolo – delicato ma decisivo – di chi li finanzia. Un tema, questo, che merita adesso di essere sviscerato ed approfondito. Perché, di norma, da chi finanzia una realtà sociale – qualunque essa sia – si comprende anche chi appoggia e condivide sul versante politico, sociale, culturale e mediatico la suddetta realtà.

