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giovedì, Marzo 6, 2025
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L’abbraccio con Putin umilia le democrazie occidentali

Princìpi come la pacifica convivenza, l’autodeterminazione dei popoli, il rispetto dei confini e la salvaguardia delle democrazie non dovevano e non devono soccombere alla fagocitosi divoratrice dei neo colonialismi.

Per come si è consolidata la politica estera degli Stati Uniti dal secondo dopoguerra ai giorni nostri le continue e sprezzanti esternazioni di Trump e del suo entourage verso l’Europa e il modo in cui la Casa Bianca è entrata a gamba tesa nella vicenda ucraina (per non parlare del video shock dei progetti su Gaza) sono un’eresia il cui fragore è coperto solo dall’agghiacciante silenzio con cui i democratici americani reagiscono a questo sconquasso. Dopo la Conferenza di Monaco e l’incontro tra le delegazioni americana e russa a Riad, ma soprattutto dopo l’umiliazione inflitta a Zelensky da Trump, Rubio e Vance in diretta televisiva nello studio ovale della Casa Bianca – un trattamento ignobile, che copre di vergogna il Presidente USA e il suo entourage –  i negoziati di pace sono solo un miraggio polarizzato sulle prodromiche rivendicazioni di russi ed (ex) alleati circa lo sfruttamento delle “terre rare” dell’Ucraina, siano esse in quei suoi territori che illegalmente occupa la Federazione Russa o negli altri ancora liberi.

In mezzo ci sono le bordate di Trump a tener banco: «L’Ucraina è una faccenda che riguarda l’Europa ma si scordi la Nato, Zelensky è un dittatore non eletto, l’Ucraina ha iniziato la guerra con la Federazione Russa, i contribuenti americani devono rientrare dei 350 miliardi elargiti a Kyiv, l’U.E. è stata creata per truffare gli Stati Uniti, i dazi al 25% sui prodotti europei e canadesi saranno presto imposti assieme a un’ulteriore maggiorazione del 10% a carico di quelli cinesi». Chiaramente oltre al processo mediatico e alle invettive inflitte contro il leader ucraino nell’incontro a Washington («una sberla al maiale», secondo Medvedev). Tanto basta a far affermare al Commissario europeo Dombrovskis che si sta materializzando il rischio d’un crollo del 7% del Pil mondiale. Intanto la Russia accenna a negoziati di pace solo a patto di condizioni capestro, mentre continua a bombardare il Paese che ha invaso tre anni fa forte dei rinforzi in arrivo da Pyongyang, non senza divulgare anatemi contro si frappone ai diktat ideologici rascisti.

Di fronte a questo quadro deprimente e allarmante, i leader europei – evidentemente colpiti dalle inaccettabili esternazioni che non offendono solo Zelensky ma il Paese che rappresenta e ribaltano i rapporti americani col resto dell’Occidente – attivano incontri per pianificare una strategia comune che stenta a decollare, sul fronte economico che militare.

80 anni dopo intese analoghe, al summit di Londra si ricomincia tutto daccapo. Princìpi come la pacifica convivenza, l’autodeterminazione dei popoli, il rispetto dei confini e la salvaguardia delle democrazie non dovevano soccombere alla fagocitosi divoratrice dei neo colonialismi: che gli Stati uniti d’America avrebbero un giorno preso parte all’alleanza onnivora dell’Asse del Male era francamente impensabile.

C’è chi sostiene che se i democratici avessero conservato la Casa Bianca si sarebbe protratta una sorta di “guerra dei cent’anni” senza vincitori né vinti. C’è anche tuttavia chi oppone una tenace resistenza alle azioni intraprese dall’amministrazione Trump. Basti pensare al fatto che oltre due dozzine delle disposizioni firmate da The Donald sono già state bloccate dalla Corte Federale in quanto incostituzionali (e ieri la Corte suprema ha fatto la stessa cosa rispetto alla liquidazione dell’Usaid). Larga parte della stampa americana è impegnata nel debunking della disinformazione promossa dal mondo MAGA.

Prima dell’oscena aggressione verbale a Zelensky nello Studio Ovale, il 27 febbraio “The New York Times” aveva pubblicato un articolo intitolato «America and Russia Are on the Same Side Now» scritto da Dana H.Allin e Jonathan Stevenson – entrambi senior fellow all’Istituto di Studi strategici internazionali di Londra – di cui è utile riportare un eloquente passaggio: «Durante la Guerra Fredda, i grandi e influenti partiti comunisti dell’Europa occidentale mantennero legami con Mosca che andavano dal simpatizzante al servile, di fronte ai quali gli Stati Uniti hanno sempre mantenuto le distanze. Ora l’Europa si trova di fronte ad un’alleanza di partiti che appoggiano la Russia, questa volta dall’altra parte del campo: l’estrema destra. E il governo degli Stati Uniti ha adottato l’approccio opposto: un caldo abbraccio. Se questi partiti e i loro cugini populisti arrivassero a dominare l’Europa potrebbero sviscerare la NATO e geopoliticamente neutralizzare, se non soggiogare, l’Europa: questa è certamente la speranza della Russia. Il sostegno politico e materiale del Cremlino ai gruppi d’estrema destra ha approfondito le divisioni sociali e politiche europee, permettendogli di continuare a screditare la democrazia occidentale».

A fronte di un’analisi tanto lucida, scaltrita e aderente alle evidenze viene da chiedersi – citando Heidegger – quale fulmine abbia accecato Trump da negargli una lungimirante e realistica lettura e scrittura della Storia.