Università di Bologna, mater o matrigna
Forse non solo il nostro Paese ma è la doppiezza che la fa sempre da padrone. Si dice una cosa ma di fondo non si esclude anche un’altra, è l’eterno conflitto tra conciliazione e ambiguità di ogni eventuale compromesso. Si fa mezzo passo in avanti pronti a riguadagnare però la posizione di iniziale partenza. Accade che l’Esercito abbia chiesto alla Università di Alma Mater in quel di Bologna di poter procedere alla istruzione per alcuni suoi allievi ufficiali in materia di filosofia. L’Università, che da madre nutre di sapere i suoi figli, si è rifiutata di accoglierli e di allattarli di conoscenza in un campo che apre la mente ben oltre le competenze armigere. Forse si è temuta una militarizzazione della istruzione. Da subito è partito il richiamo alla parola d’ordine e di salvezza della situazione, rivendicandosienfaticamente ”l’autonomia ” delle scelte.
Viceversa, dovrebbe essere ambizione di ogni centro di cultura offrire il proprio prodotto a chiunque voglia cibarsene. Alma è in latino ciò che nutre ma in altra lingua significa anche l’anima, proprio quella che è mancata nel gestire il fatto di cui si discute. Nella vita, è bene rassegnarsi, non c’è mai solo un senso per definire un significato. Si è dunque dovuto scomodare il Governo per garantire che il corso ai militari comunque si farà mentre, se si fosse ben compreso, il Rettore dell’Università, non proprio un estraneo alla vicenda, munito di sprezzante coraggio, pare abbia dichiarato come la decisione del gran rifiuto sia in capo al Dipartimento di Filosofia, così che lui non abbia nessuna responsabilità in merito. Laviamocene le mani da Pilato in poi è la lezione da seguire.
Autonomi, non automi
Occorre agire da autonomi e non da automi è la regola che si sbandiera spostando la riflessione dalla primaria esigenza di chi vorrebbe irrobustire il patrimonio della propria cultura anche se munito di gradi e stellette.
Si legge, se vero, che gli studenti del Collettivo Universitario Autonomo abbiano criticato l’iniziativa essendo la: “Riprova del fatto che i nostri atenei si stanno piegando sempre più alle logiche della guerra e del riarmo”. Se, oltre agli slogans di maniera, studiassero davvero un briciolo di filosofia dando maggior respiro al pensiero, forse tornerebbe loro utile prendere esempio da quei scriteriati ragazzi in divisa chehanno l’ardire di andare oltre il solo perimetro del mestiere che hanno scelto.
Quando si cade in inciampo la via d’uscita è sempre la stessa per cui la faccenda è quindi derubricata a difficoltà logistiche e carenza di docenti da destinare al corso. Tra un po’ non se ne parlerà più, possiamo stare tranquilli, restando irrisolto il dilemma tra ispirazione antimilitarista o mancanza di mezzi per l’insegnamento.
Le parole della Albanese, un’allarme senza sale
Nel paese del detto e non detto anche Francesca Albanese ci ha messo la sua. All’alba di un nuovo giorno, dopo l’irruzione di un gruppo Pro-Palnella sede del giornale “La Stampa”, ha fatto o ricordato la scoperta dell’acqua calda. Propalare la sua lettura della storia sembra esserle irrinunciabile. Da quando gli uomini sono sulla terra si aggregano per gruppi di interesse per chi mangia per primo la preda catturata a chi realizza l’affare più grosso o a chi gestisce maggior potere in questo o quel settore. Il mondo presenta sempre una eterna competizione al suo interno, a volte sfociando addirittura in scontro bellico. Ogni libertà è sempre di carattere relativo ed è inutile raccontarsi il contrario. “In un mondo che, prigioniero è…” cantava senza inganni e inconsistenti astrazioni l’eccelso Battisti, fotografando la realtà per come essa è.
Dire che dietro ogni centro di informazione ci siano poteri economici organizzati che spingono in un senso o nell’altro è una banalità che non dovrebbe procurare nessun senso di meraviglia. “È la stampa, bellezza, e tu non ci puoi far niente”, disse il grande Bogart alla battuta finale del film a titolo “L’ultima minaccia”. Non a caso ci sono giornali con sensibilità politiche assai diverse. Sta a ciascun lettore regolarsi per come gli pare scegliendo o facendosi abbindolare da questo o da quello.
La Albanese ha sollecitato l’informazione ad essere più onesta nel riportare i fatti del pianeta e in particolare della Palestina. Ne conseguirebbeche il condizionamento delle linee editoriali,esaltando o sfumando o annebbiando notizie,produrrebbe negli scontenti reazioni anche violente. Sul nesso di causa ed effetto si potrebbe discutere per millenni. Denunciare le regole che da sempre muovono il mondo, al pari di un inedito che irrompe d’improvviso nella vita della società, è perlomeno infantile o serve furbescamente da esca per il gonzo che abbocca.
Il timing della Nato
Da ultimo oggi l’Ammiraglio Cavo Dragone, Presidente del Comitato Militare della Nato, ha detto in sostanza che non abbozzerà più di frontea provocazioni o ai vari attacchi con mezzi ibridiche vengono da Putin e compagni e che, a difesa, potrebbe agire anche preventivamente, di rimando a quanto fin ora sopportato. Mi faccio cavo ma non fino al punto di soccombere. Ha sputato fuoco dalle fauci ed è da stabilire perché strategicamente abbia parlato adesso e non in passato o in futuro. La nitidezza non può essere reclamata in una materia così complessa.
Da Bologna alla Albanese, fino a Dragone, non ci resta altro rimedio, per ora, che prenderla con filosofia.

