L’attentato br di piazza Nicosia contro la Dc e i misteri di via Montalcini

Se il covo vicino a Villa Bonelli fosse stato scoperto nell’estate del 1978, secondo le indicazioni di Dalla Chiesa, parte della successiva storia italiana sarebbe stata diversa. Non sarebbe stato versato altro sangue.

Maria Antonietta Calabrò

I misteri che riguardano il covo br di via Montalcini a Roma non riguardano solo la identificazione – fatta nel cosiddetto Memoriale Morucci – ex post e dopo quasi un decennio dal rapimento e uccisione di Aldo Moro, dellappartamento in quella via come prigione e luogo (nel garage) dellassassinio del presidente della Dc.

Certezze sgretolate dopo i recenti accertamenti balistici del Ris dei Carabinieri. Il garage probabilmente fu solo un ricovero temporaneo per la Renault rossa – avvistata lì da una testimone – che divenne la prima bara di Moro.

Mentre la presunta prigionedi via Montalcini (un metro per due) è a tutti gli effetti incompatibile con le condizioni del corpo di Moro riscontrate durante lautopsia: tono muscolare, pulizia, abbronzatura, come di un persona che si è potuta muovere allaria aperta. Senza considerare che sarebbe stato impossibile per chiunque, e non solo per Moro, scrivere decine e decine di pagine di lettere in quelle condizioni diciamo così logistiche.

Riesaminando il fascicolo di Anna Lura Braghetti, (la brigatista che ha abitato lì) durante i lavori della Commissione Moro 2, è stato trovato un appunto del 1978 che riferiva di un accertamento sollecitato dal generale Dalla Chiesa che a Milano aveva appreso della presenza di un covo br proprio in via Montalcini. Nonostante questo èstato verificato che nessuna perquisizione vi fu effettuata nel corso del 1978. Lappartamento acquistato dai brigatisti con 50 milioni con i proventi di un sequestro fu rivenduto nel 1979.

Tuttavia se il covo vicino a Villa Bonelli fosse stato scoperto nellestate del 1978, secondo le indicazioni di Dalla Chiesa, parte della successiva storia italiana sarebbe stata diversa. Non sarebbe stato versato altro sangue e non sarebbe stata colpita ancora e ripetutamente la Dc.

La Braghetti, diventata clandestina subito dopo la tragica conclusione del sequestro di Moro, partecipò in prima persona ad alcune delle più cruente azioni della colonna romana delle Brigate Rosse. In particolare, il 3 maggio 1979, durante lirruzione nella sede della Dc romana, in piazza Nicosia, aprì il fuoco contro la volante della Polizia di Stato accorsa dopo lallarme. Nella sparatoria rimasero uccisi i due agenti Antonio Mea e Piero Ollanu.

E forse si sarebbe salvato anche Vittorio Bachelet. Iscritto alla Democrazia Cristiana, amico e ammiratore di Aldo Moro. Bachelet nellimmediato dopoguerra era stato redat- tore capo della rivista di studi politici «Civitas», diretta da Paolo Emilio Taviani, e dal 21 dicembre 1976 vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, del quale fece parte come membro «laico», cioè eletto dal Parlamento in seduta comune con unamplissima maggioranza costituita praticamente da tutte le forze che componevano il cosiddetto «arco costituzionale».

Il 12 febbraio 1980, al termine di una lezione, mentre conversa con la sua assistente Rosy Bindi, viene assassinato da un nucleo armato delle Brigate Rosse, sul mezzanino della scalinata che porta alle aule professori della facoltà di Scienze politiche della Sapienza, colpito con sette proiettili calibro 32 Winchester. A sparare per prima fu proprio la Braghetti.

Maria Antonietta Calabrò

Giornalista e scrittrice, ha pubblicato insieme a Giuseppe Fioroni il libro Moro, il caso non è chiuso (Lindau, 2018).