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domenica, 29 Giugno, 2025
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L’autonomia dei Popolari, unica via per contare ancora

Il popolarismo d’ispirazione cristiana, memore della sua storia, può sopravvivere solo se ritrova la forza di una propria identità autonoma, al di là delle sistemazioni occasionali nei poli esistenti.

Autonomia politica e culturale, non nostalgia

Lo so che è spiacevole dirlo con franchezza. Ma, purtroppo, è la verità. Almeno la verità politica e culturale. Perché quando parliamo dei Popolari, della loro storia, della loro cultura, del loro pensiero e, soprattutto, della loro concreta modalità organizzativa per essere presenti nella società italiana, siamo costretti a dire una cosa molto semplice ma, appunto, oggettiva.

Ovvero, l’esperienza storica dei Popolari e del popolarismo di ispirazione cristiana ha un senso e può dispiegare una sua vera influenza politica e programmatica nella misura in cui è forte della sua autonomia. Autonomia politica, culturale ed organizzativa.

Certo, non esiste un metodo fisso ed indiscutibile nel declinare una presenza politica di quest’area culturale. Occorre, come ovvio, tenere conto dell’evoluzione e del cambiamento della società e delle sue concrete dinamiche politiche. La nascita, per fare un solo esempio, dei partiti plurali – o meglio, dei cartelli elettorali plurali – ha, di fatto, cancellato la specificità dei partiti identitari che avevano caratterizzato la politica italiana per svariati decenni.

Ma, anche su questo versante, non possiamo dimenticare o aggirare il vero tema in questione. Ossia, i partiti plurali che sono decollati negli anni hanno rafforzato oppure, al contrario, hanno sostanzialmente annichilito la cultura e il pensiero dei Popolari?

Sinistra e destra: adattamenti senza eredità

Questa era, ed è, la vera domanda a cui prima o poi occorre dare una risposta. Una risposta corale, però. E cioè, non la devono fornire solo coloro che sono approdati a sinistra nel Pd – oggi, sotto la guida Schlein, radicalmente estranea ed esterna a quella sensibilità culturale e a quel progetto politico – ma anche tutti coloro che hanno individuato nel centrodestra un luogo che poteva garantire maggior agibilità politica per il popolarismo di ispirazione cristiana.

Non credo che, né nell’un caso né nell’altro, si possa arrivare alla tranquilla conclusione che ci siano stati dei risultati politici e programmatici significativi e ragguardevoli. Perché in entrambi i casi il tutto si è risolto, purtroppo, in una banale sistemazione ad personam o di piccoli gruppi che sopravvivono in virtù della gentile concessione di una manciata di seggi parlamentari da parte dell’azionista di turno della coalizione. Sarebbe questo, di grazia, l’obiettivo per cui ci si può ritenere soddisfatti per il futuro e la prospettiva della cultura e del pensiero del popolarismo di ispirazione cristiana?

Sistema elettorale e destino popolare

Certo, tutti noi sappiamo che lo strumento elettorale non è una variabile indipendente al riguardo. Quante volte abbiamo ascoltato, durante l’esperienza della DC e anche molti anni dopo il tramonto di quel partito, la riflessione di leader e statisti di quella stagione sostenere che “siamo nati con la proporzionale e saremmo destinati a soccombere senza un sistema proporzionale”. Profezia che, del resto, si è puntualmente avverata.

Ora, però, almeno su un punto non possiamo non essere d’accordo, al di là delle varie opzioni politiche dei Popolari e del conseguente pluralismo politico che li caratterizza nell’attuale stagione pubblica del nostro Paese. E cioè: solo una ritrovata e consapevole autonomia politica ed organizzativa del mondo e dell’area Popolare può ridare smalto, prestigio ed autorevolezza a questa storica tradizione.

Il rischio di ridursi a comparse

L’alternativa, purtroppo, già la conosciamo perché è quella che ci viene fornita quotidianamente. E cioè, sul versante della sinistra, la banale e grigia riedizione “dei cattolici indipendenti eletti nelle liste del Pci”. Cioè una fine ingloriosa e politicamente sterile, del tutto ininfluente ed irrilevante. Sul versante della destra, una moltiplicazione di sistemazioni ad personam altrettanto impotente e debole nella capacità di condizionare la costruzione del progetto politico di quell’area.

Sui “partiti personali” che si autodefiniscono di centro è inutile soffermarsi, perché da quelle parti il tutto coincide con il vitalismo e l’umore quotidiano del capo partito.

Coraggio e coerenza, per essere avanguardia

Ecco perché, al di là di molte analisi sofisticate e dotte, forse è sufficiente recuperare un pensiero di Guido Bodrato, pronunciato in un suo qualificato intervento nel 2019 a Torino, ricordando i 100 anni della nascita di Carlo Donat-Cattin. Diceva Bodrato in quella occasione, ricordando proprio il magistero pubblico dello statista piemontese, che “la politica è innanzitutto coraggio. Non è mai retroguardia ma sempre avanguardia”. E, soprattutto, “capacità di far prevalere la coerenza delle proprie convinzioni al semplice calcolo degli interessi”.

Un monito che valeva ieri, vale oggi e, piaccia o non piaccia, varrà anche domani.