Le amicizie di Franco Rodano nella testimonianza del figlio Giorgio

Il 21 luglio scorso, Giorgio Rodano ha ricordato a 40 anni dalla morte la figura del padre. Riportiamo la parte dedicata alle amicizie che segnarono la vita del grande intellettuale “cattolico e comunista”.

[…] Ma c’è un altro tipo di testimonianza che posso invocare, quella delle amicizie. Il campo degli affetti è, come è ovvio, assai ampio; ma qui mi riferisco alle sole amicizie legate in qualche modo alla politica. Non sorprende certo che gli amici che militavano nel Pci fossero numerosi, in posizioni di vertice ma anche in posizioni di base. E non sorprende neppure che molti provenissero dal mondo cattolico, laici ed ecclesiastici, politici (anche esponenti della Democrazia cristiana) e persone impegnate in altre attività (mi piace qui ricordare almeno un nome, quello di

Piero Pratesi, grande giornalista e grande persona).

 

 

 

Ma c’erano amici che non appartenevano a nessuno di quei due mondi e provenivano invece da ambienti laici, in teoria molto lontani dagli ambienti dei comunisti e da quelli dei cattolici. Mi limito a due soli nomi, entrambi molto significativi. Il primo è quello di Ugo La Malfa, esponente di primo piano della politica italiana della seconda metà del secolo scorso. La Malfa frequentava casa Rodano e apprezzava il confronto e la discussione politica con mio padre. Ricordo che la nostra collaboratrice domestica di quegli anni lontani (si chiamava Norma) era capace di farne una gustosa imitazione che divertiva molto noi ragazzi.

 

L’altro nome è quello del grande banchiere Raffaele Mattioli, il più prestigioso esponente della finanza laica italiana del dopoguerra. Con Franco si erano conosciuti nel 1945, perché Mattioli aveva letto alcuni articoli di mio padre sull’industria pubblica e aveva voluto conoscerlo. Iniziò allora un rapporto molto stretto (ogni volta che Mattioli veniva a Roma si vedevano presso il ristorante “Il Buco” in via del Collegio Romano; ma non sono mancate le occasioni in cui Mattioli veniva a cena a casa nostra, magari per incontrare qualche esponente del Pci); un rapporto che è continuato fino alla morte di Mattioli (luglio 1973).

 

Oltre che come grande banchiere, Mattioli è noto per essere stato un generoso mecenate. E mio padre usufruì in più di un’occasione del suo aiuto. Questo fin dall’inizio, quando Mattioli gli trovò un lavoro all’Ufficio Studi della Banca Commerciale (mi hanno raccontato – non so se sia vero – che quando io nacqui mio padre era a Milano, e che tornò in fretta a Roma grazie all’intervento di Mattioli che gli aveva trovato un posto su un aereo militare). Anche in seguito, l’aiuto di Mattioli fu importante per la vita di mio padre. Lo fece collaborare allo Spettatore Italiano, un’importante rivista di cultura politica dei primi anni cinquanta (che lui finanziava) e soprattutto, negli anni sessanta, sostenne generosamente La Rivista Trimestrale, l’influente periodico di ricerca in politica ed economia diretto da Franco Rodano e Claudio Napoleoni. I lavori di mio padre comparsi su quella rivista sono densi e di impegnativa lettura, ma rappresentano la fonte più corretta e istruttiva del suo pensiero, soprattutto nella fase più matura della sua vita.

 

 

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