Su queste colonne, periodicamente e giustamente, si affronta ill tema del dibattito all’interno dei partiti. Ovviamente si parla dei partiti “non personali o “del capo”. E quindi, da statuto, ne sono esclusi parecchi. Dai partiti personali di Renzi e Calenda a quello dei 5 Stelle e di Salvini solo per citarne alcuni. Ma, per i partiti democratici, collegiali e plurali – come, ad esempio Forza Italia, Fratelli d’Italia e il Pd – la presenza delle correnti politiche e culturali non solo è importante ma è addirittura essenziale per salvaguardare il profilo democratico dei partiti stessi.
Sotto questo versante, per fermarsi alle ultime due iniziative di Milano e di Orvieto promosse da due correnti del Pd, non c’è affatto da stupirsi della loro organizzazione. Dopodiché le correnti, com’è giusto e naturale che sia, si organizzano e promuovono iniziative per riflettere sulla politica e sul progetto del rispettivo partito ma anche, e soprattutto, per ottenere più potere all’interno del partito e, di conseguenza, nelle istituzioni. Come è puntualmente capitato a Milano con la corrente guidata dal sempreverde Prodi, dal ‘cattolico doc’ Delrio e dall’ultimo arrivato Ruffini. Del resto, non è una gran notizia che questa corrente è da tempo che cerca un maggior spazio – cioè maggior potere – all’interno del partito della Schlein. Come è altrettanto noto che con l’arrivo della Schlein e il decollo di un progetto politico ispirato ad una sinistra radicale, massimalista e libertaria ha di fatto ridotto le quote di potere della cosiddetta ‘corrente cattolica’ all’interno del Pd.
Ma, al di là e al di fuori delle vicende interne al Pd, quello che merita di essere rilevato è sottolineare che per ridare qualità alla nostra democrazia e credibilità alle nostre istituzioni democratiche è sempre più indispensabile rilanciare il ruolo democratico e propositivo dei partiti politici. Perché senza la democrazia dei partiti e, soprattutto, senza la democrazia nei partiti tutto si riduce ad un gioco oligarchico ed elitario dove il potere viene condiviso e spartito tra poche persone.
L’esempio migliore, al riguardo, lo fornisce proprio l’esperienza della Democrazia Cristiana che ha saputo conservare in cinquant’anni di vita autenticamente democratica un sano modello di partito. E, non a caso, se ancora oggi qualcuno vuole citare un partito democratico, collegiale e plurale non può non rifarsi al modello politico ed organizzativo della Democrazia Cristiana. Con buona pace di tutti coloro che, a cominciare dall’esperienza del Pci, non hanno mai conosciuto un modello democratico interno perché avevano un altro impianto e un altro modello. Quello che comunemente veniva definito come centralismo democratico. Ecco perché quando si parla di correnti che organizzano convegni politici e culturali vanno sempre salutati con gioia e anche con speranza.