Le storie vanno rispettate per il loro contributo allo sviluppo del Paese

Non valgono le belle parole se nei democratici cristiani non nasca il desiderio di frenare la deriva pericolosa di oggi, per ritrovare il senso della nostra storia e le ragioni della nostra cultura umanistica.

Nel ricordo di De Gasperi a 70 anni dalla morte, ho colto una attenzione maggiore rispetto agli scorsi anni da parte degli organi d’informazione e dei commentatori – i soliti – e di qualche altro sfuggito “provvidenzialmente” agli schemi ripetitivi senza calore.

Una celebrazione diversa, a mio avviso, un fascio di luce su un passato spesso volutamente tenuto in penombra, perché non varcasse i confini delle commemorazioni senza presente. In molti hanno ricordato la stagione eroica dello nostra storia auspicando che inerzie del pensiero e colpevoli rese alla non politica vengano rimosse. 

Intorno a De Gasperi e al movimento dei cattolici democratici è calato l’oblio e solo nelle ricorrenze ci sono state parole di circostanza. Il “nuovo”, introdotto con il sovvertimento delle fondamenta della nostra Costituzione repubblicana parlamentare della metà degli anni ‘90, nasceva sopra le macerie della Democrazia Cristiana e delle altre formazioni laiche, democratiche, liberali e riformiste.

De Gasperi è stato in questi anni una figura da commemorare, non un testimone da seguire.  Oggi qualche segnale si avverte nella coscienza del popolo, ridotto a volgo, a cui sono stati sottratti gli strumenti della rappresentanza, della partecipazione e quindi della sovranità.

L’Uomo De Gasperi,  icona delle libertà democratica, fedele alla dottrina sociale cristiana, difensore della centralità dell’Uomo stride con un presente in cui al centro c’è una turbe vociante di uomini e di donne con il mito della forza, che viene da una cultura di un passato da dimenticare e che non ci appartiene.

De Gasperi, Sturzo, Moro sono giganti disarcionati. Non valgono le belle parole di oggi se nei democratici cristiani veri e non con la vocazione di essere novelli capi di ventura, non nasca il desiderio di frenare la deriva pericolosa di oggi per ritrovare il senso della nostra storia e le ragioni della nostra cultura umanistica.

Interroghiamoci cosa avrebbe detto De Gasperi difronte il disegno eversivo del premierato, di un Parlamento esangue e una scomposta nazione con l’Autonomia differenziata, con centri decisionali di poteri forti che impongono, ricattano e decidono, con le Associazioni di categoria e sindacati fagocitati da un sistema che “tutela” e…snatura. 

Ma cosa avrebbero detto De Gasperi e tantissimi uomini che si sono sacrificati difronte al servilismo sfrenato di chi pretende di consegnare la storia di milioni di persone per farla confluire in altre formazioni antitetiche, per cultura e visione: un passato risuona con le note di una vecchia canzone, degli anni ‘30 “…noi ti darem un altro Duce e un altro Re…”

Le storie vanno rispettate per poter costruire. Per alcuni tutto è possibile.  Non è vero.  C’è un limite alla goliardia che è la trasfigurazione dell’assenza di fede.  Maldestramente in questo scenario ci si interroga se De Gasperi guardasse a  sinistra o a destra,  dimenticando che si parla di un grande Statista che si è fatto carico dei bisogni di una umanità dolente alla quale ha restituito dignità, speranza e futuro.