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mercoledì, 5 Novembre, 2025
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Legge elettorale, Lollobrigida ‘apre’ trattativa in maggioranza. Anche su indicazione leader

Roma, 5 nov. (askanews) – La linea ufficiale continua a essere quella del “tutto è fermo, nessuna novità”. Anzi, se si pone esplicitamente il tema a interlocutori dei partiti di maggioranza di diverso grado e ruolo, la risposta è tipicamente un ‘non me ne occupo’ o in alternativa un ‘non ci siamo ancora riuniti’. Eppure, di legge elettorale, all’interno della coalizione di centrodestra, si parla da settimane. Anzi, il nodo che condizionerà tutta la fine della legislatura è stato argomento dominante anche nelle trattative per i candidato delle regionali di fine novembre, soprattutto tra Fdi e Lega.

Finora la questione è rimasta pubblicamente sotto traccia. Il leit motiv è che se ne parlerà come minimo da gennaio, superato lo scoglio delle imminenti elezioni e poi della manovra. La base di partenza è un modello simile a quello delle Regionali con assegnazione del premio di maggioranza. Ma se è vero che due indizi fanno una prova, ormai non ci sono più dubbi che quel cantiere sia ufficialmente aperto.

Il primo è un passaggio dell’intervista a Repubblica in cui il presidente del Senato, Ignazio La Russa (peraltro grande esperto della materia) sostanzialmente ammette la concretezza dell’ipotesi che il premierato non sia più il piano A per ottenere una riforma in senso maggioritario del nostro sistema. “Se c’è la volontà politica, si può fare. Se poi non ci si arriva, c’è la legge elettorale”, dice in chiaro la seconda carica dello Stato. D’altra parte, a differenza di quella della separazione delle carriere, la cosiddetta ‘madre di tutte le riforme’ è impantanata alla Camera a ormai un anno e mezzo dalla prima approvazione in Senato. Nè è alle viste un’ipotesi di accelerazione.

Il secondo indizio è una dichiarazione del ministro del’Agricoltura Francesco Lollobrigida, altro punto di riferimento di Meloni su questo argomento (il terzo è Giovanni Donzelli), che a margine del question time alla Camera decide di rispondere, e non di schivare come abilmente sa fare, alle domande su una eventuale prossima riforma del voto. Uno dei nodi del contendere è quello dell’indicazione del capo della coalizione (quello del candidato premier non è possibile a costituzione vigente). Per Fdi è la strada da seguire ma Forza Italia frena. Con molto pragmatismo, Lollobrigida – che per tutta la giornata ha avuto incontri alla Camera – spiega che tutto “è negoziabile”, persino quel punto che invece per i meloniani è ‘storicamente’ dirimente. E, tuttavia, nel aprire formalmente la trattativa, e persino nel fare un’apertura agli alleati, di fatto il ministro dell’Agricoltura lancia loro un avvertimento. “L’indicazione del capo della coalizione, sul modello di quello che accade nelle Regioni, avvantaggia tutta la coalizione”, mentre “l’indicazione dei capi dei partiti, come stiamo già facendo avvantaggia le liste e, nel nostro caso, potrebbe anche favorire Fdi perché chi magari non ci vota ma vuole che il governo continui il suo lavoro è probabile che voti per Meloni. Quindi per noi è win-win”. Un invito, o un monito, ai compagni di coalizione a fare un supplemento di riflessione.

Per Forza Italia resta tuttavia il tema di essere fagocitati anche per la semplice motivazione che è impossibile togliere dal simbolo il nome di Silvio Berlusconi e quindi è necessario trovare un sistema, come appunto potrebbe essere quello dell’indicazione del leader di partito, per mettere in evidenzia il ruolo del segretario. “Come ha detto Tajani – spiega Alessandro Battilocchio, uno dei delegati ‘azzurri’ a sedere al tavolo sulla legge elettorale – siamo scettici a i indicare il nome del premier sulla scheda. Comunque ne discuteremo con gli alleati e poi con tutte le forze in Parlamento. Ad oggi nessuna riunione è stata fatta e non c’è nessuna convocazione programmata, ogni partito sta portando avanti i suoi approfondimenti prima del confronto”. Tra le ipotesi circolate in questi giorni, anche quella dell’indicazione del capo della coalizione sul programma elettorale e non sulla scheda. Una ‘mediazione’ che, tuttavia, non trova riscontro in Fdi.

Non è tuttavia l’unico tema da affrontare. Uno, quello dei collegi uninominali particolarmente caro alla Lega, sarebbe già stato oggetto di trattativa durante la partita delle Regionali. Tanto che secondo fonti azzurre, oltre alla Lombardia, Salvini avrebbe già ceduto anche su questo punto. Non una differenza da poco per un partito territoriale che grazie a quel sistema ha ottenuto più seggi del suo peso specifico. Altro argomento è quello delle preferenze, da sempre sponsorizzate dai meloniani. Tuttavia, tra gli addetti ai lavori c’è anche chi sostiene che il tema sia legato anche al problema della rappresentanza di genere.”Con le preferenze Meloni sarebbe l’unica donne eletta”, afferma Stefano Benigni, vice segretario di Fi.

Altri nodi da sciogliere sono poi quelli dello sbarramento e dell’assegnazione del premio di maggioranza al Senato sulla base dei risultati regionali.