16.9 C
Roma
domenica, 5 Ottobre, 2025
Home GiornaleLeighton dava fastidio, per questo l’«internazionale nera» voleva farlo fuori

Leighton dava fastidio, per questo l’«internazionale nera» voleva farlo fuori

50 anni fa, il 6 ottobre del 1975, scattò l’agguato feroce al leader democristiano cileno e alla sua consorte, Anita Fresno. I giovani dc si mobillitarono: un grande corteo sfilò dal Colosseo a Piazza Santi Apostoli.

Tre giorni prima dell’attentato del 6 ottobre, Bernardo Leigthon aveva partecipato a un convegno organizzato dai giovani dc di Roma sull’onda dello sdegno per la condanna a morte in Spagna di cinque oppositori di Franco. Prima e dopo l’esecuzione, le proteste internazionali accentuarono l’isolamento del regime fascista di Madrid. Erano gli ultimi colpi di coda della diffatura, il Caudillo sarebbe deceduto due mesi dopo. Invece un’altra dittatura, quella di Pinochet, nello stesso frangente storico provava a consolidarsi lungo l’asse di una “internazionale nera” che vedeva all’opera movimenti di estrema destra e figure del terrorismo neofascista.

Il leader cileno era pericoloso per Pinochet

Leigthon era il leader prestigioso di una Dc che aveva rotto i ponti con la giunta militare cilena, dopo le prime incertezze nei giorni del golpe contro Salvador Allende. Esule a Roma, testimoniava la speranza che maturassero in tempi brevi le condizioni per il ritorno alla democrazia nel suo Paese. Fu messo nel mirino perché costituiva agli occhi di Pinochet un vero pericolo: poteva essere lui il punto di riferimento dell’opposizione, saldando in una nuova alleanza le forze popolari, in primo luogo democrisiani e comunisti. La vicenda cilena aveva lasciato sul campo le scorie radioattive del massimilasmo socialista. In fondo gli articoli di Berlinguer su Rinascita, da cui scaturiva alla luce del dramma cileno la proposta di compromesso storico, erano la piena dissociazione dalla politica di Altamirano, segretario del partito socialista cileno.

I giovani dc scesero in piazza

La voce dell’attentato ad Anita e Bernardo Leighton giunse in serata, a qualche ora di distanza dall’accaduto: non c’erano i cellulari, né i social, contavano solo le agenzie di stampa e le notizie di radio e tv. Partì dai giovani la spinta alla mobilitazione, mentre a Piazza del Gesù non era chiaro quale risposta dare al gesto criminale. La manifestazione del 10 ottobre, con il grande corteo dal Colosseo a Piazza Santi Apostoli, fu promossa dal partito ma gestita dal Movimento giovanile. Grazie a D’Alema, segretario nazionale della Fgci, furono coinvolti gli Inti Illimani, rifugiati anche loro in Italia (ai Castelli Romani).

La defezione di Zaccagnini

Salirono sul palco in un clima di commozione generale e quando presero ad intonare “El pueblo unido” uno sventolio di bandiere bianche sommerse la piazza. Uno spettacolo difficilmente immaginabile solo qualche mese prima: a fine luglio, inaspettatamente, alla segreteria del partito era stato eletto Zaccagnini a seguito di un dibattito lacerante in Consiglio nazionale, il “parlamentino dc” al quale Fanfani, logorato oltremodo, aveva rimesso il mandato.

Qui si apre però una pagina ancora tutta da scrivere per l’ombra di mistero che circonda nella memoria di molti la defezione di Zaccagnini. Il segretario, infatti, si limitò a inviare un messaggio che il sindaco Darida lesse dal palco. Non fu ambiguità, ma prudenza. Ma prudenza per cosa?

Si terrà domani (14.30-17.30), nella Sala Regina di Palazzo Montecitorio, un convegno promosso da Anna Ascani e coordinato da Daniela Preziosi per ricordare la vicenda dell’attentato, egregiamente raccontato da Patricia Mayorga (Condor nero. L’Internazionale fascista da Pinochet a Roma, Paesi edizioni, 2025).