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giovedì, Aprile 24, 2025
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L’eredità invisibile di Papa Bergoglio

Un pontificato spesso frainteso, più attento ai processi che ai proclami. Il lascito di Francesco è nella paziente costruzione di un metodo più che nei gesti eclatanti.

Osservatori di tutto il mondo descrivono il pontificato di Francesco come un’incompiuta e la figura di Bergoglio è polarizzata da due narrazioni: quella del rivoluzionario, da parte dei sostenitori, e quella del Papa quasi eretico da parte dei detrattori. Si scrive di un Pontificato “tutto fumo e niente arrosto” e di una “Chiesa immobile”. Come se fosse possibile riassumere un pontificato così complesso in poche righe.

È importante ricordare due intuizioni di Francesco a inizio pontificato: la “globalizzazione dell’indifferenza”, annunciata a Lampedusa, prima dello scoppio della crisi europea dei migranti. La visione strategica di una “guerra mondiale a pezzi”. Datate entrambe 10 anni fa, sono quanto mai attuali.

Per una lettura asettica, aiuta partire da un’altra dichiarazione: “i buoni politici hanno il compito avviare processi e non occupare spazi”. In queste parole risiede l’eredità più preziosa di Francesco e una possibile chiave di lettura del magistero. Nelle encicliche “Laudato si’” e “Fratelli tutti”, Francesco ha messo le questioni ambientali e sociali al centro dell’impegno pastorale della Chiesa. Il contrasto culturale, la differenza – e diffidenza- nei confronti dei revanscismi nazionalistici hanno puntualizzato che il cattolicesimo non può essere il collante identitario della destra nazionalista. Non a caso, l’ultima lettera Bergoglio l’ha scritta ai vescovi statunitensi e con toni molto duri, ricordando come i valori cristiani non contemplino la deportazione di massa che Trump sta attuando.

Nell’idea di risolvere i problemi col cacciavite, con decisione, passo dopo passo e cercando di tenere tutti insieme, il Papa gesuita recupera il popolarismo. Mentre la teoria marxista proponeva obiettivi definiti, il popolarismo si proponeva come metodo per la risoluzione graduale dei problemi. Per questo, è ancora oggi la cultura più moderna della democrazia. Si tratta, in definitiva, di mettere insieme la posizione di chi è debole e quella di chi è più forte, avvicinandole. Come nell’insegnamento: non si può partire dal presupposto ideologico che l’alunno diventi professore e viceversa. Ma tocca al docente valorizzare le capacità e le curiosità dell’alunno affinché’, in prospettiva, possa crescere e magari superare il livello del professore. 

Insomma, il pontificato che si è chiuso avviando processi ricorda alla politica quale metodo attuare per risolvere le tante questioni aperte, specie in quell’Europa che Francesco, intervenendo al Parlamento europeo a novembre 2014, ha definito “un po’ invecchiata e compressa”, “impaurita e piegata su sé; stessa”. Mentre compito dell’Unione è “riscoprire la sua anima buona” ed essere “protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda e difende e tutela l’uomo”.