Si vede bene solo con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. Pensieri da tutti conosciuti, scritti nel firmamento della letteratura mondiale. Antoine de Saint-Exupéry si inabissava in mare con il suo velivolo nel 1944, l’opera appena ultimata spiccava il volo per entrare nell’eternità. Tradotto in 470 lingue e con più di 200 milioni di copie vendute è un successo planetario secondo solo alla Bibbia.
Ennio Flaiano sosteneva che “l’infanzia è l’unico luogo che non riusciamo ad abbandonare” e cosi questa fiaba è divenuta un riferimento senza tempo ed età per leggere l’invisibile senso del nostro vivere.
Saint-Exupéry non nomina mai Gesù, ma i suoi pensieri rievocano costantemente episodi evangelici. Personalità complessa, avventurosa e malinconica, la sua vita è segnata da un continuo afflato al trascendente. Un inquieto esploratore dell’anima alla ricerca dell’assoluto. Di nobili origini studia dai gesuiti, sogna e scrive e l’unica cosa che lo attrae è volare. Un contemplativo che forse non a caso scelse di fare il pilota e a Buenos Aires, dove diverrà direttore della compagnia aeropostale, incontrerà la scrittrice Consuelo Suncin-Sandoval che sposerà, tanto amerà e tradirà. È lei la rosa della favola. Prima del Piccolo Principe pubblica diversi testi tutti innervati da forti tensioni spirituali. In Cittadella (pubblicata postuma) troviamo un passaggio che svela la tensione mistica: “Io cammino formulando preghiere che non vengono esaudite.. e tuttavia ti lodo, Signore, per il fatto che tu non mi risponda, poiché se io trovo quello che cerco, Signore, ho finito di divenire”.
Pervaso da un costante desiderio di staccarsi dalla mediocrità del vivere, nel giugno 1943 scrive al superiore generale del monastero benedettino di Solesmes: “Vedete, non si puo’ piu’ vivere di frigoriferi, di politica, di belote e di parole crociate! Non si può più’. Non si può più vivere senza poesia, colore né amore”. Affascinato dal silenzio nel cielo e nel deserto che sperimenta durante l’incarico come pilota della linea Casablanca-Dakar, rivive l’avvertimento di Gesù – non di solo pane vive l’uomo – che rimanda al pensiero sull’invisibilità dell’essenziale. Il deserto per lui è il luogo dell’anima ove incontra il Piccolo Principe giunto dall’asteroide B612 e con cui intesse un’affascinante dialogo di rinascita spirituale, un mistero che si intuisce ma non si comprende fino in fondo. Un continuo colloquio tra l’essere adulto (l’aviatore) e l’essere bambino (il piccolo principe), quel “tutte le persone grandi sono state inizialmente dei bambini ma pochi fra loro se ne ricordano” che rimanda al passo evangelico “in verità io vi dico: se non vi convertirete come i bambini e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande del regno dei cieli” (Mt 18, 1-5).
Saint-Exupéry è interprete delle inquietudini umane sempre al bivio tra oblio e ricerca, e per questo è sempre attuale. Siamo homo sapiens perché siamo homo viator. Anche noi siamo in cammino ogni giorno verso la meta della nostra conoscenza, un viaggio faticoso che richiede il coraggio di scendere nelle terre incognite della nostra interiorità. In interiore homine habitat veritas, sono le celebri parole di sant’Agostino. Siamo esseri spirituali che vivono l’esperienza umana e allora nel piccolo principe ci sono io, tu, ognuno di noi. Ed è il tempo che dedichiamo alla rosa che è in noi che rende tutto più importante.