So bene di avventurarmi su un tema che ignoro nelle sue ricadute geopolitiche. Ma sono da sempre convinto che anche le idee degli incompetenti servano: oggi aiutano a mostrare gli stati d’animo che circolano fra la gente comune, depositati nelle coscienze personali.
Ripensiamo l’Europa
Ho letto il buon articolo di ieri di Fioroni e D’Ubaldo sull’Europa: Ripensiamo l’Europa. È superfluo che io aggiunga il mio totale accordo sul senso di unità e di uguaglianza fra gli Stati europei che esso sollecita, e sulle finalità di fondo che suggerisce nel ricordo di De Gasperi, Adenauer e Schuman.
Mi è piaciuta anche la realistica e storica citazione del filosofo francese Étienne Borne: «Il sogno europeo è il contributo della politica democristiana a questo secolo, il ventunesimo». Niente di più vero, anche a detta di molti storici.
Un’Europa federata
Un’Europa politica e — aggiungo — federata, dunque. Il Trattato di Maastricht del 1993, la moneta unica e l’euro del 2002, gli accordi che sono seguiti fino all’altro ieri servono oggi ben poco. Bisogna darsi da fare, come fanno capire i due autori, per una forte e robusta unità politica europea.
Su questo punto ritorna da anni, sulle pagine del Sole 24 Ore, lo studioso Sergio Fabbrini, che bisognerebbe premiare con un “Nobel per l’Europa Unita”, per la sua insistenza e coerenza.
Il dubbio che resta
Con tutta la mia dichiarata inadeguatezza in materia di geopolitica, devo però aggiungere un dubbio personale che mi accompagna da tempo. Un dubbio che, grazie a Dio, non sono il solo a coltivare.
Non è questione da poco, ed è messo a tacere dall’opinione pubblica prevalente che circola in Europa e in Italia. Un dubbio quindi… pieno di dubbi, se si sommano i pareri e le analisi — anche di autorevoli editorialisti e studiosi — che battono da tempo il chiodo dei pericoli che corre l’Europa a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin.
Indiscutibile sul piano delle tragedie che ha causato e degli allarmi che ha fatto suonare. Ma discutibile sul piano della risposta, che secondo i miei cari amici «non può non riguardare la capacità di difesa».
Putin e la malattia del potere
Io non lo so. Ma, anche se è ormai indispensabile non credere a tutto quello che circola sui social, la notizia si è comunque diffusa: Putin è ammalato. Ecco! Premetto allora che, se prendiamo per buona questa notizia, la malattia che si deve pensare è solo quella mentale.
Una malattia seria, che meriterebbe un ricovero urgente, da curare subito, anche per il futuro del suo popolo e per i guai di lunghissimo periodo in cui, con questo suo stato patologico, Putin colloca la sua amata Russia.
Se lo vogliamo valutare come un folle dittatore nazionalista e imperialista, sul modello della sua “idola” Caterina di Russia; un ex investigatore nostalgico che ha rovistato nel passato territoriale russo; un leader che fonda il suo solitario potere sul buon rapporto col cristianesimo ortodosso autocefalo, nelle mani del patriarca Kirill; ebbene, se vediamo tutto questo, allora è molto probabile che egli abbia in testa di invadere diversi Stati europei, non esclusa l’Italia.
Per questo, dobbiamo al più presto ripulire e ristrutturare le trincee del nostro Piave per difenderci.
L’urgenza delle difese e il rischio della paura
Da qui l’urgenza di foraggiare le industrie belliche USA, per riarmarci al più presto, perché l’invasione in Europa è già iniziata. E i droni ne sono un chiaro segnale!
Ma se tutto questo fosse soltanto frutto dei timori e delle ansie diffuse, non solo da parte delle élite politiche e delle classi dirigenti che ne approfittano nelle loro inutili diatribe partitiche?
E se tutto questo fosse il risultato del momento storico agitato che viviamo — comprendendo Gaza e il destino della Flotilla, della cui missione mentre scrivo non so ancora l’esito — allora la mia personale opinione è che stiamo pensando a un fatto che realisticamente è solo figlio della paura. E appartiene più alla fantasia collettiva che alla realtà.