“Liberi e forti” del nostro tempo

Dovremmo tornare alla politica del “sì-sì no-no”, quella che “Avvenire” ha attribuito a uno dei nostri maestri, Carlo Donat-Cattin. Questa potrebbe essere la novità rivoluzionaria che da troppo tempo manca alla politica italiana, ed anche europea.

Pubblichiamo la relazione introduttiva del Presidente, uscente e rieletto, dei Popolari piemontesi.

Care amiche, cari amici,

ci ritroviamo per fare il punto sull’attività svolta e per fissare alcuni punti di impegno per il prossimo futuro.

Il tempo scorre, e in un sodalizio in cui tanti hanno i capelli bianchi, ogni tanto qualcuno passa dall’altro lato del cammino, come scrive Paul Claudel in una sua bella poesia. Ricordo i nostri amici torinesi, Angelo Detragiache, Luigi Margaria e Renato Valente, poi Riccardo Triglia e Francesco Checco Sobrero del nucleo forte di Casale, Piero Genovese di Valenza, Enrico Nerviani di Novara, la cara Lucia Pigino di Vercelli. Amministratori locali e persone che si sono spese per le loro comunità incarnando la Buona Politica. Per questi amici “liberi e forti” che ci hanno lasciati e per tutti coloro che volete accomunare nel ricordo, vi chiedo un momento di raccoglimento.

Grazie.

Passiamo al bilancio di questo triennio, un triennio intenso, e non solo perché culminato nel Centenario del Partito popolare.

Per prima cosa un po’ di numeri, che ci aiutano a dimensionare la nostra presenza.

Sapete che negli anni il progressivo abbandono del collateralismo politico con amici ed ex amici impegnati politicamente aveva determinato una diminuzione costante del numero di soci, scesi dagli oltre 300 del 2003/2004 ai 114 del 2014. Poi una piccola risalita: 117 soci nel 2015 e 119 nel 2016. Infine 101 nel 2017 e 118 nel 2018

Pur con una piccola flessione nel 2017, di cui dirò qualcosa dopo, possiamo quindi ritenere di aver stabilizzato il numero di aderenti. Consideriamo che ogni anno una decina di soci non si iscrive, anche per semplice dimenticanza, compensata da un’altra decina di ritorni o nuovi soci. Abbiamo anche 3 soci fuori Regione.

Il Consiglio Direttivo ha lavorato intensamente. Si è riunito 20 volte nel triennio contro le 12 di quello precedente. Grazie all’escamotage dei componenti “effettivi” e degli “aggregati” abbiamo regolarmente raggiunto il numero legale per le sedute, di cui è stato redatto ogni volta un sintetico verbale. Ringrazio i componenti per la loro presenza e il loro impegno di questi anni. Per far parte del nuovo Direttivo ci sono i soliti due requisiti: essere iscritti e partecipare alle riunioni. Chi è motivato ad essere parte del Direttivo ma sa già che potrà essere presente poco o nulla, può entrare nel gruppo degli “aggregati”, regolarmente informati sulle riunioni ma non computati ufficialmente per il numero legale.

Passiamo alle iniziative. Vi elenco quelle realizzate nel triennio.

– Abbiamo cominciato con le “Elezioni a Torino”, incontrando i soci candidati Canalis e Cavaglià, e organizzando un successivo dibattito su “Perché Fassino ha perso?”.

– Due confronti sul referendum costituzionale: uno tra Guido Bodrato e Stefano Lepri, e uno incentrato sulle Autonomie locali, tra Davide Gariglio e chi vi parla.

– Sotto il titolo “PD o non PD?” abbiamo dibattuto la crisi del Partito Democratico tra scissioni e primarie, con Davicino, Fornaro, Lepri e Merlo.

– Ci siamo domandati se “Con il populismo svoltiamo a destra?”, con Guido Bodrato

– Ci siamo molto preoccupati del lavoro che manca e dell’aumento delle povertà. Prima “Dal lavoro al reddito di cittadinanza?” con Laura Castelli, Chiamparino, Morgando e Nanni Tosco. Poi con quest’ultimo abbiamo approfondito “Problemi di Welfare. Come la crisi cambia lo stato sociale in Italia e in Europa”. In successivi incontri seminariali intitolati “Se manca il lavoro…” ci siamo chiesti “Che fare?”, con i professori Calliano e Togati, e se “Il reddito di cittadinanza: può sostituire il lavoro che manca?”, con Morgando e Rossetti.

– In un altro seminario abbiamo sviscerato l’altro grande tema di questi anni, “Migranti, un fenomeno epocale”, con un primo incontro introduttivo con Ladetto e il sottoscritto. Poi gli incontri su “Come accoglierli, come integrarli”, con Davide Bertello e Sergio Durando; quindi “Aiutiamoli a casa loro. Cosa vuol dire, concretamente, in Africa”, con il Presidente FOCSIV Cattai, e il Presidente CESE Jahier; infine un approfondimento su “Occidente e Islam, quale possibile convivenza?” con don Segatti.

– L’evoluzione politica italiana è stato il terzo tema di forte interesse. Prima un dibattito su “Il nuovo Governo: ‘di cambiamento’, ‘populista’ o, solo, ‘di destra’?”, con conclusioni di Bodrato. Poi abbiamo inaugurato un ciclo intitolato Dialoghi sulla democrazia malata: “Le disuguaglianze e il Parlamento perduto”, con il costituzionalista Pallante, “La babele del potere perduto”, con il politologo Mastropaolo, e infine ci siamo domandati se “Un’altra Europa è possibile?” con Ciravegna e Davicino.

Rimangono le iniziative per il Centenario, organizzate in collaborazione – fortemente voluta – con la Fondazione Donat-Cattin. “La grandezza di un leader: Luigi Sturzo”, con Marco Vitale e Lucio D’Ubaldo; L’attualità del Popolarismo”, con padre Occhetta, Rosy Bindi e Bodrato; “Cattolici e Fascismo” con Alberto Guasco e chi vi parla.

Sono in tutto 21 incontri realizzati. Erano stati 15 nel triennio precedente.

Tre considerazioni.

A parte qualche caso (più di 100 persone per Bindi e Occhetta, un’ottantina per il confronto Bodrato-Lepri, calendarizzato in largo anticipo, oltre 60 per don Segatti con il suo pubblico di fedelissimi) la partecipazione sta tra l’accettabile (35/40 persone per il Centenario e gli incontri più politici – Fassino, PD – 20/25 per altri temi) e il deludente, con il minimo di 11 presenti con Cattai e Jahier. Abbiamo anche fatto una pausa di riflessione, e poi siamo ripartiti. Così poche presenze di fronte ad argomenti di attualità con relatori di valore, lasciano un po’ di amaro in bocca. È vero che spesso al TG3 si vedono sale desolatamente vuote a iniziative politiche o culturali, ma avere pochi intimi alle riunioni, per chi organizza, è demoralizzante.

Iniziative tutte fatte a Torino. È comprensibile, nel capoluogo è più facile arrivare per tutti. Ma l’assenza di attività esterna è un tasto per me dolente. Ma ribadisco che per fare di più è indispensabile l’iniziativa degli amici delle province. Non possiamo organizzare da Torino per Novara, Cuneo o Alessandria. Possiamo partecipare come relatori, come fa ancora Guido Bodrato o come ho fatto io quando sono stato invitato a Vercelli a parlare del popolarismo inaugurando la Sala intitolata a Lucia Pigino, ma non possiamo far cadere una iniziativa da fuori. L’interesse deve partire localmente.

Alcuni incontri sono serviti a raccogliere le idee per fissare il nostro pensiero sulla carta, arrivando a documenti condivisi. Avevamo già lavorato in forma seminariale su alcuni temi (riforma degli Enti Locali, status giuridico dei partiti, riforma elettorale, città metropolitana, come creare lavoro), conclusi con la stesura di documenti poi pubblicati sul sito. Ne abbiamo aggiunto uno solo, impegnativo, sul tema dei migranti e sono mancate le forze per raccogliere tutto il materiale scaturito dagli incontri su SE MANCA IL LAVORO… per dare una nostra lettura definita nel dibattito sul reddito di cittadinanza, un tema forte di questi anni, su cui in M5S ha costruito il suo successo elettorale, mentre tanti altri si limitavano ad invocare la mitica “crescita” negli anni della dura crisi…

Ma l’aspetto più rilevante della nostra presenza culturale è quello che abbiamo fornito con “Rinascita popolare” on-line.

Con l’insostituibile amico e tecnico Maurizio Steffenino avevamo fatto una serie di migliorie nel settembre 2017, ma poi la vecchia piattaforma, diventata obsoleta, ci ha dato a inizio febbraio 2018 problemi insormontabili. Anche un vecchio e indistruttibile trattore Landini, dopo 100.000 ore di lavoro, non ce la fa più. Così siamo passati a una piattaforma di ultima generazione, cosa facile a dirsi ma che ha richiesto settimane di lavoro occulto, che Maurizio ed io conosciamo bene…

Dal 6 aprile 2018 siamo in rete con il nuovo sito. Siamo ormai al compleanno e possiamo fare un bilancio, con qualche numero.

Nel triennio precedente avevamo pubblicato poco più di 300 articoli, su tre anni. Nel 2016-17 eravamo saliti a 130-150 articoli l’anno. Con la nuova piattaforma l’intenzione era di riuscire a pubblicarne 200. Dal 6 aprile sono stati pubblicati 294 articoli. Con l’anno di attività supereremo il traguardo dei 300 articoli

Grazie a tutti i nostri “scrittori”, in particolare quelli più assidui: a Carlo Baviera, a Giuseppe Ladetto, a Giorgio Merlo, a Giuseppe Davicino, ad Aldo Novellini. Altri scrivono sporadicamente, e altri potrebbero aggiungersi, avendo capacità e competenze per farlo. Oltre ai pezzi originali, che andrebbero potenziati, rilanciamo in maggior parte articoli già pubblicati che ci paiono significativi. Un grazie anche a chi li segnala.

L’insieme fa, appunto, i 300 articoli dell’ultimo anno. Sono tanti, ma talvolta ho il rammarico di non riuscire a trattare tutti gli argomenti che meriterebbero una presa di posizione.

Al materiale pubblicato dobbiamo aggiungere anche i commenti agli articoli, che abbiamo valorizzato nel nuovo sito inserendo i più recenti nella home page. Nell’anno sono stati appena 402. In media 1,25 per articolo. Pochissimi. Qui dobbiamo migliorare tutti, perché tutti possiamo scrivere una nostra opinione o considerazione su quanto abbiamo letto. Molti commenti sono ampi approfonditi, e vengono talvolta rilanciati come articoli. La vitalità del sito passa anche dal dibattito visibile che provoca.

Ma quanti sono i lettori di Rinascita popolare?

La mailing-list che ci serve per segnalare le nuove pubblicazioni viene ora inviata esattamente a 2143 mail, cui possiamo aggiungere 130 giornalisti e redazioni. Tre anni fa in tutto eravamo a 1700, e 10 anni fa partimmo con 365 indirizzi mail. Considerate che in un anno si sono cancellate 112 persone. Una cinquantina si sono registrati autonomamente al sito, e negli ultimi mesi i registrati pareggiano gli abbandoni.

È ovvio che l’incremento indirizzi dipende dalla disponibilità di persone, gruppi, associazioni a condividere la propria mailing-list. Tutti dobbiamo sentirci impegnati nell’implementazione dell’indirizzario segnalando persone che potrebbero essere interessate al nostro dibattito.

Sappiamo con certezza il numero di mail inviate, ma non possiamo sapere quante vengono lette, quante cestinate o considerate spam dai sistemi di posta. Il contatore statistico, nella versione incompleta perché gratuita (se il bilancio è in attivo è grazie ad una gestione attenta, un mix tra il francescano e Quintino Sella…), ci dà però alcuni numeri utili. Dal 6 aprile scorso i visitatori del sito sono più di 18.000, e hanno letto circa 50.000 pagine. La media mensile è quindi di più di 1500 lettori (con record di 2000 in gennaio) di cui circa 1200 utenti unici (più di 1500 a gennaio). Significa che ogni giorno dell’anno, in media, 50 persone si ritrovano tramite il sito.

Gli articoli meno letti hanno una cinquantina di visualizzazioni, quelli più letti avvicinano le 300.

Siamo presenti su Facebook, limitandoci alla segnalazione degli articoli, grazie all’impegno di Marco Verga e abbiamo 303 “mi piace”, termometro della popolarità sul web. Siamo anche approdati su twitter, anche qui con il semplice lancio degli articoli, senza innescare discussioni social. Abbiamo lanciato 278 tweet, sinora abbiamo raccolto 83 seguaci, i followers. Proprio pochi.

Dovremmo fare di più per ampliare la nostra presenza attraverso i social media. Ma da un lato tutto ciò che si fa richiede tempo, tutto ciò che si fa è nel tempo libero… Credo di poter dire che facciamo tantissimo, ma non si può far tutto. Dall’altro lato è innegabile che scontiamo un gap generazionale: sono strumenti, i social, che richiederebbero l’entusiasmo di qualche “nativo digitale”, e, come vediamo, la gioventù scarseggia. L’iniezione di forze giovani dovrà essere la nostra prima preoccupazione, e non solo per competere sui social. Noi più avanti con gli anni non difettiamo di passione politica, manca però la dimestichezza con questi strumenti di comunicazione.

Ribadisco che tutti voi potete fare molto: partecipare alle iniziative, scrivere un articolo, leggere quelli pubblicati, commentarli, segnalare amici e conoscenti interessati alla “cosa pubblica” inviando le loro mail. Questo è il modo per contribuire all’attività dell’Associazione e alla sua missione di mantenere vivi e attuali i valori del Popolarismo.

Abbiamo perseguito questo compito? Abbiamo tenuto alta l’attenzione sui temi che connotano la grande tradizione culturale e politica del cattolicesimo democratico e sociale? Quel movimento nato come concreta attuazione dell’Enciclica di Leone XIII, punto d’avvio della dottrina sociale cristiana, concretizzata da Toniolo e Sturzo?

Un governo si giudica dagli atti dell’amministrazione. Un sodalizio culturale si giudica dai temi che pone in risalto, che caratterizzano anche la linea editoriale del proprio sito.

Già dall’elenco delle conferenze tenute nel triennio abbiamo potuto ricavare alcuni temi forti della nostra presenza.

L’economia globalizzata, dominata dal capitalismo finanziario, che ha cambiato i rapporti di forza mondiali e trasformato le società occidentali. Le disuguaglianze, che sono aumentate, con pochissimi super-ricchi e masse popolari e ceto medio impoveriti, anche perché è diminuito il lavoro manifatturiero, trasportato in territori lontani e sostituito dall’automazione. Ma noi, Italiani, fondiamo la nostra convivenza proprio sul lavoro per tutti. Quel lavoro che dà dignità a ogni persona. E che vogliamo mantenere come caposaldo della cittadinanza. Cittadinanza che dipende dalla coesione sociale e che non può poi essere disgiunta dalla giustizia sociale; e in Italia abbiamo un divario sempre meno sostenibile tra una generazione che ha avuto troppo e quelle successive che guardano con grande preoccupazione al loro futuro. Ci interessa il futuro delle giovani generazioni, come ci interessiamo di welfare, di famiglia e di previdenza sociale in una società che invecchia rapidamente: ricordo che entro 15 anni i milioni di baby-boomers diventeranno pensionati, se non prima con la quota 100. Il sistema reggerà?

E al vecchio Occidente, dove si fanno sempre meno figli a causa delle incertezze sul futuro, si affianca un giovane Terzo Mondo. Dall’altro lato del Mediterraneo c’è l’Africa, dove i più miseri continuano a morire di stenti e malattie, ma che si avvia comunque a raddoppiare la popolazione nei prossimi trent’anni, con 2 miliardi e mezzo di abitanti. Ecco il fenomeno epocale delle migrazioni. Di migranti si parla tanto, per questioni di bassa politica. La demografia non entra nella politica, viene ignorata. Noi, grazie soprattutto a Beppe Ladetto, la consideriamo un elemento ineludibile.

Un altro tema fondamentale, l’ambiente. Credo che alcuni tra voi abbiano conosciuto Greta Thunberg grazie ai nostri articoli, prima del grande spazio mediatico ottenuto con le recenti manifestazioni degli studenti. Abbiamo un punto di riferimento in papa Francesco e nella sua Laudato si’, la tutela del creato e la sua trasmissione ai posteri dovrebbe essere il primo punto nell’agenda della politica. Molti fanno orecchie da mercante, noi possiamo dire che è tra i nostri temi forti.

Come lo è l’Europa, per noi che siamo eredi culturali di De Gasperi, sgomenti di fronte ad una Unione senza anima e progetto, preoccupata dal rispetto di parametri di bilancio ma incapace di una visione che possa rispondere alle emergenze del tempo e dare una prospettiva a un continente che, preda di anacronistici nazionalismi, è destinato all’irrilevanza di fronte alle potenze mondiali USA, Russia Cina e India.

Con la stessa preoccupata attenzione guardiamo al nostro Paese e alla sua democrazia malata. Ad ogni elezione siamo tra i pochi che si preoccupano dell’astensionismo, ormai stabile su poco meno del 50% di votanti (ultime conferme in Abruzzo, Sardegna, Basilicata). È uno dei risultati della Seconda Repubblica, caratterizzata dall’individualismo, dai partiti personali, dalla preferenza unica e dal maggioritario, dal bipolarismo coatto e muscolare, dal sistema dei nominati, dalla perdita di ruolo del Parlamento e dei corpi intermedi, dallo strisciante centralismo dello Stato e delle Regioni.

Noi Popolari sturziani, paladini della democrazia rappresentativa, del proporzionale, del dialogo e delle intese programmatiche, del municipalismo a fondamento delle Autonomie locali, del primato dei corpi intermedi – prima fra tutti la famiglia – siamo stati un po’ come pesci fuor d’acqua. E abbiamo anche vissuto male la deriva verso il leaderismo mediatico, il centralismo, l’individualismo radicale, del partito più vicino, il PD. Un PD che si è progressivamente allontanato dalla nostra cultura. Ricordo solo un dato di fatto emblematico: come costituzionalisti di riferimento per i democratici, siamo passati dai cattolici Leopoldo Elia e Valerio Onida all’ex PCI Augusto Barbera e al suo allievo Stefano Ceccanti, convinti presidenzialisti.

Abbiamo così avuto un confronto ampio e approfondito sul referendum costituzionale, un tema che non poteva non creare qualche attrito e qualche divisione, come aveva previsto il saggio Bodrato. Lo abbiamo affrontato a viso aperto, con franchezza, suscitando anche giudizi ammirati in mondi a noi esterni. A suo tempo c’è stato qualche malumore e forse la flessione nel numero di associati del 2017 si spiega con quello.

Ma il tempo, oltre che galantuomo secondo la saggezza popolare, è anche il più saggio. Lo scrisse Talete in uno dei pochi frammenti arrivati sino a noi: “Il tempo è il più saggio perché svela ogni cosa”.

Non eravamo dei gufi, solo degli osservatori attenti e coerenti quando criticavamo il leaderismo e i toni populisti al governo. Temevamo vincessero i populisti veri, cosa accaduta, nella convinzione che il populismo – INESORABILMENTE – vira poi verso destra. Cosa che sta accadendo.

Oggi siamo attenti osservatori del governo legastellato. Non ne commento opere ed omissioni, ci sarebbe da aprire una diga. Vi propongo due pensieri di don Sturzo: “Il silenzio è d’oro, specialmente in politica: oggi si parla troppo, e quindi si usano verità, mezze verità, verità apparenti, infingimenti e menzogne”. E pensiamo a Salvini.

Il secondo pensiero: “Non agire da ignoranti né da presuntuosi. Quando non si sa, occorre informarsi, studiare, discutere serenamente, obiettivamente, senza mai credere di essere infallibili”. E pensiamo a Di Maio e Toninelli.

In questo scenario desolante c’è un vivace dibattito su una possibile nuova stagione dei “liberi e forti”.

Una prospettiva che abbiamo seguito e alimentato. La riteniamo praticabile?

Ci sono una necessità reale, avvertita, e un fermento alimentato anche da prese di posizione della gerarchia ecclesiastica mai così esplicite. Dal disimpegno e disgusto per la politica (tanto bastavano gli accordi gentiloniani del cardinal Ruini con l’ateo devoto Berlusconi) siamo passati alle esortazioni del cardinal Bassetti per un rinnovato impegno dei cattolici in politica, tornata ad essere “una delle forme più alte di carità”.

In questi mesi abbiamo visto tante iniziative, alimentate anche da buoni propositi, ma frenate da ambiguità e debolezze di fondo:

Per prima la confusione sul “partito cattolico”, “dei cattolici” o “di cattolici”, tutte visioni confessionali che ritornano. E noi che davamo per scontata la laicità proclamata e spiegata da Sturzo cento anni fa al Congresso di Bologna… La prospettiva non può che essere un partito democratico e popolare, la cui ispirazione evangelica si evince dai comportamenti e dalle proposte programmatiche, non da etichette. Lasciamo ad altri i comizi brandendo il Vangelo e la coroncina del Rosario.

Poi inseguire la riedizione della Democrazia Cristiana, il partito unico dei cattolici, un prodotto forzato della storia nel mondo bipolare uscito dalla seconda guerra mondiale. La divisione sturziana tra “sinceramente democratici” e “sinceramente conservatori” è stata confermata dalla storia lontana del PPI di fronte al fascismo, dalla storia passata con la dolorosa divisione del nuovo PPI di Martinazzoli, dai sondaggi del presente che vedono più di un terzo dei cattolici praticanti appoggiare Salvini. Una nuova DC “moderata” è solo una favola politica.

La terza ambiguità è dovuta all’opportunismo di coloro che parlano del ruolo dei cattolici in politica per traghettare partitini, gruppi e gruppetti nell’alveo del centrodestra berlusconiano, nella speranza di qualche strapuntino per il nocchiero (pensiamo a un Rotondi, ad esempio). E, specularmente, vi sono anche coloro che cercano uno strapuntino nel nuovo PD di Zingaretti proclamandosi rappresentanti dei cattolici (Gasbarra e Sant’Egidio, forse Fioroni?).

Quarta debolezza, la dispersione in tante piccole realtà, frutto bacato della deriva individualista che non ha colpito solo la sinistra delle continue scissioni, dei 5 o 6 partiti comunisti, che non ha colpito solo la galassia centrista berlusconiana, ma anche il campo dei cattolici democratici. Nel nostro piccolo abbiamo sempre dato disponibilità negli anni per fare squadra con realtà analoghe, con spirito di collaborazione, ma ognuno vuole essere il padrone del proprio orticello, fosse anche di un metro quadro, e si sottrae al confronto. Come ora vediamo fughe in avanti di chi vuole posizionarsi per primo. Ma, girandosi indietro, vede gli altri fermi al palo.

Noi pensiamo che ci possa essere uno spazio e un futuro solo recuperando il senso della comunità e attingendo a piene mani dal nostro patrimonio culturale ultracentenario. Che dobbiamo adeguare ai tempi, ma nella continuità di valori etici come l’onestà, la sobrietà, la coerenza, lo spirito di servizio, la difesa della verità e della libertà, da esporre in un manifesto fondativo, un nuovo appello ai “Liberi e forti”

E costruendo una forza politica che chiede l’adesione e il consenso sulla base di un programma chiaro e coerente con i principi enunciati.

In questi anni abbiamo anche cercato di fare chiarezza sulle ambiguità che si celano dietro parole usate e abusate nel linguaggio della politica. Popolare e populista, centro, partito dei o di cattolici, destra e sinistra, moderato, conservatore, progressista. Tutti termini che assumono significati diversi a seconda dell’imbonitore di turno, quando non significati diversi per bocca dello stesso imbonitore a distanza di ore, con platee diverse. Chissà perché mi ritorna in mente Salvini?…

Dovremmo tornare alla politica del “sì-sì no-no”, quella che “Avvenire” ha attribuito a uno dei nostri maestri, Carlo Donat-Cattin. Questa potrebbe essere la novità rivoluzionaria che da troppo tempo manca alla politica italiana, ed anche europea.

Sono al termine. Spero di avervi dato una serie di spunti per procedere con la parte centrale della nostra Assemblea, il dibattito, con i vostri interventi. Emergeranno sicuramente indicazioni per orientare l’attività dell’Associazione, su cui lavorare nel prossimo futuro. Non mi sottraggo all’impegno. Se mi vorrete ancora alla guida dei Popolari piemontesi, sono motivato a proseguire nel lavoro iniziato, insieme a quanti vorranno impegnarsi nel prossimo Consiglio Direttivo.

Cerchiamo di essere, insieme tra noi e con altri compagni di strada che si aggiungeranno, un punto di riferimento per i “liberi e forti” del nostro tempo.